venerdì 31 gennaio 2014

"L'inganno della memoria" dal 27 marzo in libreria il nuovo romanzo di Gianluca Arrighi

Sempre più noir la penna di Gianluca Arrighi:
«L’inganno della memoria»dal 27 marzo in libreria.

«L’inganno della memoria» è il nuovo romanzo di Gianluca Arrighi che il 27 marzo torna in libreria pronto ad emozionare gli appassionati del genere noir e non solo.

L’autore, considerato il maestro del legal thriller italiano, intreccia infatti nelle trame dei suoi romanzi la passione per la professione forense con le storie crime, utilizzando spesso il suo stile essenziale per accompagnare il lettore nella comprensione di molte dinamiche che regolano la società contemporanea. Tratti puliti, snelli, sobri e vitali con cui Arrighi racconta il Male e il Crimine. Un gioco che la sua penna noir esegue con tratti sottili e decisi, sullo sfondo che quasi sempre è quello della sua amata Roma.

Lo ha fatto con “Crimina Romana” (2009) tanto che il libro è stato adottato nei licei capitolini come testo di narrativa ed educazione alla legalità e lo ha replicato con “Vincolo di sangue” (2012), rimasto per sei mesi nella classifica dei libri più venduti.

Dalla seconda di copertina de «L’inganno della memoria»:

«Il cadavere di una giovane donna viene ritrovato in un appartamento del centro di Roma. Il corpo presenta orribili mutilazioni, ma è stato ricomposto come per un macabro rituale. Elia Preziosi, enigmatico e scostante pubblico ministero, viene chiamato a indagare sul caso, ma ben presto quello che sembrava essere l’isolato gesto di un folle si rivelerà il primo di una serie di inquietanti omicidi collegati tra loro da una misteriosa e indecifrabile logica. Sullo sfondo di una Capitale assolata e distratta, Preziosi dovrà affrontare i demoni del suo passato prima di poter giungere alla scoperta della sconvolgente verità».



Tra i maggiori giallisti italiani, Arrighi non vanta nessuna medaglia al petto “sudata” ai festival (ai quali partecipa di rado per mancanza di tempo visto che vive ogni giorno nelle aule dei tribunali e dedica alla famiglia il poco tempo che gli rimane) ma gode della stima di un pubblico sempre più numeroso che l’autore non manca mai di accontentare e coccolare.

Con il nuovo romanzo Arrighi si conferma uno scrittore di trame nerissime da cui trapela la sua profonda conoscenza del sistema giudiziario e dell’indagine penale.

«L’inganno della memoria» sarà in libreria dal 27 marzo 2014 (Anordest – De Agostini, pagine 230; prezzo 12,90 euro, ISBN 9788898651184).


BREVE NOTA SULL’AUTORE
Gianluca Arrighi nasce nel 1972 a Roma, dove vive e lavora. Avvocato penalista di fama, è cultore di Diritto Penale alle università di Roma e Cassino. Considerato il maestro del legal thriller italiano, è autore dei romanzi Crimina romana (2009) e Vincolo di sangue (2012rimasto per sei mesi in classifica nella top ten dei libri più venduti) oltre che di numerose novelle noir pubblicate da importanti quotidiani e settimanali. 



Anteprima nazionale di MAMMA MEDEA al Teatro Valle Occupato

TEATRO VALLE OCCUPATO
ALTRESISTENZE
14 | 15 febbraio duemila14, ore 20.30
- Anteprima nazionale -
MAMMA MEDEA
POUR TOI J'IRAI JUSQU'À ÉTEINDRE LE SOLEIL.
di TOM LANOYE
regia CHRISTOPHE SERMET
traduzione Alain Van Crugten
con Ann-Claire, Claire Bodson, Adrien Drumel, Pierre Haezaert, Francesco Italiano, Philippe Jeusette, Romain David, Mathilde Rault, Yannick Renier, Fabrice Rodriguez,
i bambini Jules Brunet e Balthazar Monfè
prodotto da Rideau de Bruxelles
social media partner Fattiditeatro
versione francese con sovratitoli in italiano | durata h 2.50 con intervallo
Ora nessuna debolezza. Forza, stringi i denti! Spegni la tua ragione e incatena il tuo cuore.
Un solo istante. Un colpo! E avrai tutta la vita per vivere il tuo lutto in una lunga agonia.
Dopo il debutto al teatro Rideau de Bruxelles, una tournée che ha toccato i maggiori teatri francesi e belgi, tra cui l’Odéon di Parigi e il Téâtre national di Bruxelles, venerdì 14 e sabato 15 febbraio 2014 va in scena in esclusiva nazionale al Teatro Valle Occupato Mamma Medea. Il testo, mai tradotto e mai rappresentato in Italia, è scritto da Tom Lanoye, il più importante drammaturgo contemporaneo di lingua fiamminga, la produzione è del teatro Rideau de Bruxelles e la regia è di Christophe Sermet, uno dei più importanti registi della nuova generazione belga e nuovo regista associato del teatro Rideau de Bruxelles. Lo spettacolo è in lingua francese con sovratitoli in italiano e ha una durata di 2 ore e 50 minuti con intervallo.
Con Mamma Medea, testo di rara forza e intelligenza, Tom Lanoye offre una visione personale, alimentata da fonti diverse, del mito di Medea. Un’interpretazione dura, sensuale e tragi-comica, in cui tutto è sottilmente in bilico e in contrapposizione: uomo e donna, passione selvaggia e civile razionalità, tragedia e commedia, epico e drammatico, poesia e prosa. Tom Lanoye infatti non si accontenta di realizzare l’ennesimo adattamento di uno dei miti più affascinanti della mitologia occidentale, ma se ne appropria e lo reinterpreta proponendo una riflessione sullo scontro di culture come matrice di tutte le guerre. Citando “Chi ha paura di Virginia Woolf?” mette in risalto il concetto alla base del testo: per fare la guerra bisogna essere sempre in due – due gruppi etnici, due lingue, un padre e una madre, due bambini.
Prendendo ispirazione da Le Argonautiche di Apollonio Rodio, la prima parte del testo si concentra sull’incontro fatale tra Giasone e Medea, quest’ultima ancora vergine nell’amore – come nei delitti – ritratta nella profonda veracità della sua terra natia, la Colchide.
La seconda parte è scandita dai tempi della drammaticità, della lentezza e dell’inerzia. Qui Lanoye riprende la trama di Euripide con l’annuncio dell’immediata espulsione da Corinto di Medea, tradita da Giasone, diventato amante della figlia del re Creonte. Protagonisti di questa seconda parte sono la debolezza di Giasone e i suoi sforzi di riprendersi “un posto al sole” sacrificando la “straniera”, Medea, la cui passione, trasformatasi ormai in risentimento, alimenta il desiderio di una terribile vendetta. E così, l’atto ultimo: l’assassinio dei figli, quello che il mito non può risparmiare a Medea e dove Lanoye riserva il suo colpo di genio.
Tom Lanoye è il più importante scrittore di lingua fiamminga (Belgio, Olanda, Sudafrica) sia per i testi e gli adattamenti teatrali sia per i suoi romanzi. È anche il drammaturgo contemporaneo di lingua fiamminga più rappresentato all’estero: nella sola Germania Mamma Medea – tradotto in molte lingue oltre al tedesco – è già stato allestito per ben quattro volte. I suoi testi sono messi in scena nei maggiori festival di teatro europei da registi come Guy Cassiers, direttore del Toneelhuis d'Anvers (Atropa, Sang et Roses, Mefisto forever) e Ivo Van Hove direttore del De russen!, Luk Perceval (Ten Oorlog).
Christophe Sermet, attore e regista teatrale, formatosi al Conservatoire Royal de Bruxelles, nel 2005, anno della sua prima regia, vince il premio Jacques Huisman; nel 2010 è assistente alla regia del regista polacco Krzysztov Warlikovski. Considerato un dei più importanti registi della nuova generazione, è anche artista associato al Teatro du Rideau de Bruxelles.

mercoledì 29 gennaio 2014

ANTONIO E CLEOPATRA recensione

TEATRO ELISEO
28 gennaio | 9 FEBBRAIO 2014
Antonio e Cleopatra
di William Shakespeare
nella traduzione di Gianni Garrera

e l’adattamento e la regia di Luca De Fusco

che vede in scena nei ruoli dei due protagonisti del titolo
Luca Lazzareschi e Gaia Aprea


Uno spettacolo di forte impatto visivo che incrocia teatro, cinema e musica
dove padrona della scena è  soprattutto la parola

Luca Lazzareschi Marco Antonio
Gaia Aprea Cleopatra
Stefano Ferraro Agrippa
Serena Marziale Carmiana
Paolo Cresta Demetrio
Giacinto Palmarini Cesare Ottaviano
Alfonso Postiglione Messaggero e Contadino
Federica Sandrini Iras e Ottavia
Gabriele Saurio Mecenate
Paolo Serra Enobarbo e Mardiano
Enzo Turrin Eros e Lepido
e con la partecipazione in video di Eros Pagni Indovino
Si ringrazia il Teatro di San Carlo per la partecipazione in
video del Corpo di ballo

  La versione di De Fusco dell'"Antonio e Clopatra" è semplicemente stupenda. Evocativa, affascinante, potente, perturbante.Una commistione splendidamente riuscita tra il  teatro di parola e il cinema. l'evocazione che nasce dall'insieme della scenografia, dai costumi accuratamente scelti per immettere il pubblico in un passato epico, dove come apparizioni compaiono i vari personaggi, a raccontare una storia antica, e  conosciuta da tutti, ma sempre attuale per la metafora che rappresenta, si coniuga con l'uso del mezzo cinematografico, che interagisce con l'azione sulla scena, ora in forma di mare aperto, a denotare il cambio scena, ora sotto forma di balletto maschile, un balletto di guerra dove soldati senza volto, per non distinguere tra romani e egiziani, combattono,coattivamente, tra loro. Si è già  nell'oltretomba,  non ci sono colori, solo bianco e nero, i costumi e il trucco trasformano gli attori in delle statue, che assumono così una dimensione eroica, la recitazione di stampo classico volutamente per scelta registica, antinaturalistica restituisce al teatro quella sua essenza più tipica di rappresentazione-finzione.
Da vedere assolutamente.
Miriam Comito
Approda a Roma – in scena al Teatro Eliseo da martedì 28 gennaio fino a domenica 9 febbraio – lo spettacolo Antonio e Cleopatra, di William Shakespeare, nella nuova traduzione di Gianni Garrera, con la regia e l’adattamento di Luca De Fusco, prodotto da Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia, Arena del Sole | Nuova Scena -Teatro Stabile di Bologna.
Protagonisti dello spettacolo, nei ruoli dei due personaggi del titolo, Luca Lazzareschi e Gaia Aprea, accompagnati negli altri ruoli della tragedia da Paolo Cresta, Stefano Ferraro, Serena Marziale, Giacinto Palmarini, Alfonso Postiglione, Federica Sandrini, Gabriele Saurio, Paolo Serra, Enzo Turrin, con la partecipazione in video di Eros Pagni.
Le scene sono di Maurizio Balò, i costumi di Zaira de Vincentiis, il disegno luci di Gigi Saccomandi, le musiche originali di Ran Bagno, il suono di Hubert Westkemper, le coreografie di Alessandra Panzavolta.
Presentato con successo al Napoli Teatro Festival Italia dello scorso giugno, Antonio e Cleopatra del regista Luca De Fusco continua e approfondisce la linea del predente Antigone di Valeria Parrella, con una messa in scena essenziale, asciutta, dove l’incrocio tra teatro, cinema e musica gioca ad esaltare la potenza della parola.
«Con questo spettacolo – dichiara Luca De Fusco – proseguo un lavoro già avviato con Vestire gli ignudi nel 2010 e con Antigone nel 2012 che persegue un intenso uso della commistione teatro/video e che punta ad un radicale rifiuto del naturalismo. Credo che il teatro non sia più competitivo con il cinema e la tv nel realismo mimetico. E che quindi non abbia più senso condurre regie basate su porte che si aprono e si chiudono, attori che si  muovono sulla scena come nella vita, o, nel caso in questione, addirittura di navi che compaiono in scena come in un kolossal. Credo che attraverso l'uso combinato di immagine video e grande presenza della musica (anche quest'anno dovuta al talento originale di Ran Bagno) si possa realizzare un teatro molto moderno che in realtà si richiama alle origini del teatro, in cui gli attori non si muovevano naturalisticamente, ma "dicevano" il testo,  accompagnati dalla musica. Dopo aver realizzato questo stile già in Antigone ho voluto intraprendere la sfida di tentare di mettere in scena in questo modo un copione ritenuto ai limiti dell'irrappresentabile come Antonio e Cleopatra. D'altra parte tentare di mettere in scena questo capolavoro assoluto, metafora del rapporto tra Oriente e Occidente, del contrasto tra vita privata e pubblica, senza mostrare né navi, né regge ma solo basandosi sulla parola shakespeariana, mai come in questo caso grande ed iperbolica e quindi non bisognosa di nessun altro segno esteriore, vuol dire in fondo tornare a Shakespeare che immaginava realizzazioni sceniche sobrie e suggestive per le proprie opere.
Questa grande scommessa, che, a giudicare dalle reazioni di pubblico e critica alle due rappresentazioni estive al Napoli Teatro Festival, sembra vinta, è stata possibile solo grazie al grande talento, alla grande disciplina, alla formidabile concentrazione dei miei attori, che ringrazio tutti. Credo che sia coloro che ameranno il nostro particolare stile sia coloro che dissentiranno dovranno comunque riconoscerci  il merito di aver ridato vita ad un testo poco rappresentato e che contiene invece alcune pagine, e alcuni personaggi, tra i più complessi, contraddittori, affascinanti, della storia del teatro».



Così la stampa sullo spettacolo


Ѐ l’Antonio e Cleopatra al Teatro Mercadante, firmato da Luca De Fusco a riportare l’attenzione sul tumultuoso grumo sentimentale delle tragedie shakespeariane. L’infida regina d’Egitto, interpretata da una leonina Gaia Aprea, e l’orgoglioso Antonio, impersonato da un vigoroso Luca Lazzareschi, vivono la loro passione scellerata in un mondo sospeso nel buio, perché buio è il destino che li ha condannati. I loro corpi pendono vita in un inquietante regno dei morti, per ripetere ancora una volta una vicenda già avvenuta in un tempo indefinito e ormai concluso. Non personaggi in carne e ossa, ma replicanti che emergono dall’oltretomba per raccontare la storia d’amore tra una donna e un uomo dalle culture ed etnie tanto distanti e incompatibili, quanto inesorabilmente attratte l’una verso l’altra.
(Emilia Costantini, Il corriere della sera, 15 giugno 2013)

Da qualche anno a questa parte un intellettuale della scena di raffinate predilezioni cosmopolite come Luca De Fusco ci propone sul palco un’inattesa folgorante commistione di due diversi dispositivi visivi. Quelli che hanno contribuito alla grandezza del teatro di poesia da un lato e della magnifica dilatazione prospettica del cinema dall’altro. […] Il regista, in un’audace contaminazione stilistica che ha del prodigioso, colloca su un nero fondale da romantico cielo notturno i suoi attori dilatandone alla ribalta la prospettiva, per promuoverne, attraverso i Primi Piani del volto e la fedele dilatazione dei corpi un’accurata sintesi risolutiva. […] Su un tramonto di stelle fisse che forano la notte dei tempi, si accampano le splendide immagini degli eroi come la radiografia impietosa delle vittime. Con la raffinata e malinconica regina di Gaia Aprea che tra mezzi singulti e paradossali scoppi di ilarità annuncianti il suo tragico destino giustamente contrasta il virile disincanto e la classica compostezza di un grande attore come Luca Lazzareschi. Mentre, come scaturito da un’atavica memoria che non lascia né requie né respiro, tra i due si accampa il bronzeo formalismo di un’immagine fissa l’Ottaviano di Giacinto Palmarini. Accennato all’inizio dalla dizione esemplare di Paolo Serra. (Enrico Groppali, il Giornale, 22 luglio 2013)

L’allestimento di Luca De Fusco ripropone una strategia scenica già sperimentata con Antigone: il suggestivo confronto tra gli attori scontornati nel buio e un sapiente montaggio dei loro primi piani ingranditi sul telo trasparente che domina tutto il boccascena. I mirabili costumi disegnati in bianco e nero da Zaira de Vincentiis definiscono i personaggi come frammenti di un antico bassorilievo, animato dalle musiche del compositore israeliano Ran Bagno che assecondano gli interpreti in un effetto di recitazione cantata. Gaia Aprea sottrae Cleopatra al suo stereotipo hollywoodiano e la consegna alla struggente consapevolezza del suo fatale declino. Luca Lazzareschi è un Antonio di introversa e possente emozione. (Pietro Favari, Il Foglio, 21 giugno 2013)

Non ci sono navi, né eserciti, né palazzi in scena, ma solo luci, ombre, proiezioni che si sovrappongono o si alternano generando un effetto scenico di impatto, frutto dell’intesa fra lo scenografo Maurizio Balò e il light designer Gigi Saccomandi (e la costumista Zaira de Vincentiis). Una messa in scena essenziale e minimalista, dunque, che si concentra sulla parola (traduzione di Gianni Garrera) pronunciata da statue parlanti sospese, anche se il testo che De Fusco ha scelto di rappresentare è un’opera complessa. (Francesca De Sanctis, l’Unità, 14 giugno 2013)

Luca De Fusco […] propone una lettura scabra, asciutta, essenziale, tutta giocata su un fascinoso bianco e nero che ricorda famose pellicole americane anni Trenta. Tutto basato su forti contrasti di luce e ombre e sull’apporto prezioso dello scenografo Maurizio Balò e più ancora sul light designer Gigi Saccomandi. Visione realizzata con bella intelligenza creativa tra piano reale e piano virtuale. E ottimo cast, in testa Gaia Aprea che viene fuori all’istanza e soprattutto brava nella sua allucinata sfida finale alla morte. E possente, dotato di mezzi vocali straordinari, l’Antonio di Luca Lazzareschi, attualmente il nostro più bravo attore scespiriano.
(Domenico Rigotti, Avvenire, 11 giugno 2013)


In una scena contemporanea, in cui è evidente l’idea di un teatro di regia più che di autore, la forte cifra identitaria raggiunta da De Fusco diventa il vero punto di partenza  per una riflessione sullo spettacolo. In cui il regista napoletano porta a piena maturità l’antica utopia wagneriana sull’opera d’arte totale. Prosa, cinema, musica, danza, tutto in questo Antonio e Cleopatra è miscelato con sapienza formale ed emotiva, a partire da un’idea forza, quella dell’immortale mortalità dei protagonisti, non a caso restituiti, grazie agli straordinari costumi di Zaira de Vincentiis, come statue narranti la propria disfatta, fisica e morale. I personaggi, infatti, e segnatamente la Cleopatra di Gaia Aprea , l’Antonio di Luca Lazzareschi e l’Ottaviano di Giacinto Palmarini, si muovono come in un limbo livido chiuso da una tela trasparente su cui proiettare i primi piani d alcune scene o il groviglio di corpi neutri in battaglia.
(Stefano de Stefano, Corriere del Mezzogiorno, 12 giugno 2013)

Luca Lazzareschi affronta Antonio evocando assieme, perché no, Carmelo Bene (per certe allucinate e folli digressioni evidenziate dai primi piani video) e l’eleganza di un  giovane Vittorio Gassman. Cleopatra è Gaia Aprea, attrice di notevole qualità: qui la sua naturale bellezza dà alla regina d’Egitto forme sinuose e seduttive, che si impastano con  la voce roca, strozzata, a tratti animale per un personaggio estremamente ambiguo, imprendibile, indecifrabile.
(Andrea Porcheddu, Linkiesta, 11 giugno 2013)



durata spettacolo: 2 ore e 20' + intervallo





TEATRO ELISEO
via Nazionale, 183 00184 Roma
T.(centralino) 06 488 721
T.(botteghino) 06 4882114 | 06 48872222

Orari recite:
martedì, giovedì, venerdì ore 20.45
mercoledì, domenica ore 17.00
sabato ore 16.30 e 20.45



Settore Intero Ridotto1 Ridotto2 Ridotto3
platea 33 €* 26 € 21 € 16 €
balconata 29 € 24 € 19 € 15 €
I galleria 18.50 € 16 € 15 € 13 €
II galleria 13 € 11.50 € 10 € 9 €
* platea per le Prime: 47 €
ridotto
1: convenzioni e under 60
non valido alle Prime in platea
ridotto2: under 30 e gruppi adulti (min 10)
ridotto3: gruppi scuola (min 10 persone)


martedì 28 gennaio 2014

Presentazione di TEATRO IN LITUANIA nel foyer del Teatro Valle Occupato il 12 febbraio

HYSTRIO
trimestrale di teatro e spettacolo
presenta
il numero monografico: “Teatro in Lituania”


Mercoledì 12 febbraio 2014, presso il foyer del Teatro Valle Occupato di Roma, alle ore 18.30, Hystrio presenta il numero monografico “Teatro in Lituania” (Hystrio n.1.2014), attualmente disponibile in libreria. Curato da Claudia Cannella e Laura Caretti, si avvale della collaborazione di studiosi e operatori teatrali italiani e lituani, con il sostegno dell’Ambasciata di Lituania in Italia.
Nella giovane Repubblica Baltica il teatro è sempre stato al centro della vita culturale, soprattutto a Vilnius. Prima per criticare l’ortodossia sovietica e poi, dopo l’indipendenza, per affermare la propria identità. A metà degli anni ’80 Nekrošius si rivela sulle scene europee, ma è solo la punta dell’iceberg di una realtà estremamente ricca e vivace: Tuminas, Varnas, Vaitkus e Koršunovas i grandi nomi della regia, insieme a Ivaškevičius per la drammaturgia. Senza dimenticare le nuove leve, anche della scenografia e della danza, i festival e il ruolo fondamentale dell’Accademia Lituana di Musica e Teatro.
Il Dossier contiene gli interventi di Laura Bevione, Stefano Moretti, Ramunė Balevičiūtė, Audronis Liuga, Ramunė Marcinkevičiūtė, Daiva Šabasevičienė, Andrius Jevsejevas, Toma Gudelytė, Helmutas Šabasevičius, Elona Bajorinienė, Giedrė Kabašinskienė, Stefania Bevilacqua e Roberto Canziani.
Alla presentazione interverranno: Claudia Cannella, direttrice di Hystrio e curatrice della monografia; Laura Caretti, co-curatrice e docente di discipline dello spettacolo presso l’Università di Siena; Stefano Moretti, attore ed esperto di drammaturgia lituana contemporanea; Irma Šimanskytė, Addetto Culturale Ambasciata della Repubblica di Lituania in Italia; Toma Gudelytė, traduttrice e studiosa di teatro e Laura Bevione, collaboratrice di Hystrio; modera l’incontro Graziano Graziani, critico teatrale.
«Siamo molto soddisfatti di questa pubblicazione - commenta Claudia Cannella, direttrice di Hystrio - che crediamo possa essere un utile strumento per accostarsi alla cultura di un Paese, che al teatro dedica da sempre una straordinaria attenzione e notevoli risorse creative». Un Paese “modello”, per certi versi, capace di produrre un teatro di grande qualità artistica, ampiamente partecipato dal pubblico. Ed è anche per questo che si è scelto di presentare l’iniziativa editoriale presso il Teatro Valle, laboratorio di idee e di sperimentazione teatrale, che a un nuovo modello artistico, organizzativo e gestionale sta lavorando da alcuni anni.
Segue aperitivo nel foyer.

Milano, 27 gennaio 2014


Hystrio, trimestrale di teatro e spettacolo
Via Olona 17 - 20123 Milano
tel. 02.40073256

lunedì 27 gennaio 2014

4:48 PSYCHOSIS recensione

4:48 Psychosis di Sarah Kane 
Traduzione di Barbara Nativi

con Elena Arvigo 

regia  Valentina Calvani

Luci Javier Delle Monache 
Scene e costumi Elena Arvigo e Valentina Calvani 
Musiche Susanna Stivali
Produzione  Associazione M15 e SantaRita Teatro in collaborazione con Gank
Luci Javier Delle Monache
4.48 Psychosis, scritto nel 1999, è l'ultima opera teatrale della drammaturga britannica Sarah Kane . 

4.48 Psychosis  non aderisce alla forma teatrale convenzionale.
E composto da 24  quadri in cui non sono ci sono indicazioni per la messa in scena ne temporali ne psicologiche .
Il dramma è  dunque diviso in più discorsi pronunciati da una miriade di voci appartenenti a ununica persona continuamente alla ricerca della sua identità.  Il linguaggio e a tratti naturalistico, a tratti  astratto e poetico .

4.48 Psychosis non è lultima lettera di un suicida.
4.48 Psychosis è mancanza, ricerca, desiderio e rifiuto.
È quello che succede alla mente di una persona quando crollano le barriere che dividono la realtà dallimmaginazione.
4:48 Psychosis  racconta la fragilità dellamore e  la disperata tenacia  della speranza .
È il desiderio di un amore incondizionato.
E il rifiuto di una società in cui non cè spazio per  le emozioni ,una società che si ostina a  curare invece che prendersi cura .


 

Secondo le statistiche le 4.48 è l'orario in cui più frequentemente si manifesta la depressione, ma cosa è la depressione?
Una malattia da curare con i farmaci? NO! La depressione è uno stato d'animo determinato dalla rabbia, la rabbia che sale in seguito ad una delusione, atavica non curabile con nessuno tipo di farmaci, ma solo con una presenza affettiva con il prendersi cura. Quando viene a mancare questo si innesca nell'anima un cortocircuito mortifero, fatto si sensi di colpa, mi taglierei un braccio, perchè quella cosa che è successa a quella persona è colpa mia, qualunque cosa succede è colpa mia. Non si riesce più a sopportare il peso della vita così come è strutturata,al punto da volerla rovesciare, toglierle significato. Elena Arvigo, riesce in modo splendido ad impersonare l'ultima "fatica" di Sarah kane, si rimane incollati con lo sguardo e le orecchie bene tese, per non perdere neanche un secondo di questo spettacolo, con una scenografia apocalittica, ma al contempo archetipa (terra mischiata a pezzi di vetro) abat-jour gettate negli angoli, la Arvigo a piedi nudi ci fa entrare nel mondo realistico di Sarah Kane, un depresso è solamente chi lucidamente vede la realtà ed è in grado di descriverla così come è senza edulcorazoni,  e lo esprime nello stile del "your face theatre". Quello che esite in verità è la distruzione e non è un invenzione degi anni 90" ma è una "scoperta" ben più anticaa cui la kane ha saputo attingere sapientemente.
           Miriam Comito


 
 




 
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venerdì 24 gennaio 2014

IL DONO DI HITLER- TEREZIN 1941-1945 recensione

CAPSA Service
presenta

Il dono di Hitler
Terezin 1941-1945

scritto e diretto da Daria Veronese
con Giovanni Carta, Giovanni De Giorgi, Massimo Mirani

TEATRO MILLELIRE
via Ruggero di Lauria 22 - Roma

dal 21 al 27 gennaio 2014
(tranne il 24 gennaio)


 " il dono di Hitler- Terezin 1941-1945" è uno spettacolo ben costruito, e ragionato,e tra i molti spettacoli che vengono messi in scena, ogni anno, in occasione della Giornata della memoria (27 gennaio) il testo di Daria Veronese si distingue per originalità, l'autrice ha infatti scelto di rappresentare una delle vicende meno note dell'olocausto quella della città di fondazione asburgica Theresienstadt, che durante la Seconda guerra mondiale fu data in "dono" da Hitler agli ebrei, e dove, nel 1944  fu girato un documentario con la regia, forzata, dell'ebreo Kurt Gerron al solo scopo di gettare fumo negli occhi, sia della comunità internazionale, sia del popolo tedesco per nascondere il vero volto del Nazismo. In questa città lager c'erano soprattutto bambini e artisti, questi ultimi si occuparono dell'educazione dell'anima, e di rendere la vita meno penosa ai più giovani, i quali lasciarono come segno del loro breve passaggio sulla terra numerosi disegni. 
Lo spettacolo, per come è strutturato, mette il pubblico in una condizione non di spettatore, ma di,ascoltatore emotivamente partecipante, dopo che si è stati condotti nella sala da uno degli attori, un altro ti fa segno di lasciare a lui il soprabito e il terzo,infine, ti indica dove sederti. in questo modo si entra, immediatamente, nella condizione in cui erano i protagonisti della vicenda: chiusi coattivamente in uno spazio. Nel corso dello spettacolo Il pubblico continua a essere totalmente coinvolto dall'abbattimento totale della quarta parete, si viene a creare una vera e propria compartecipazione gli attori narrano, raccontano, condividono con il pubblico che non è più esterno, ma è diventato interno.
Miriam Comito
 
 


Il dono di Hitler. Terezin 1941-1945
Testo e regia Daria Veronese
Con Giovanni Carta, Giovanni De Giorgi, Massimo Mirani
Musiche originali Aurelio Rizzuti
Disegno luci, video Massimo Sugoni

TEATRO MILLELIRE via Ruggero di Lauria 22
Dal 21 al 27 Gennaio 2014 (tranne giovedì 24 gennaio)
ore 21.00 Domenica ore 18.00
Costo biglietto: 12.00 + 2.00 (tessera associativa); ridotto 10.00 + 2.00 (tessera associativa)
per info e prenotazione www.millelire.org - 0639751063 – 3332911132