mercoledì 17 dicembre 2014

L'ALTRA MADRE Recensione

 
Dal 16 al 21 dicembre 2014
L'ALTRA MADRE
Voci per la scena
Madri assassine tra cronaca e mito
 
Scritto e diretto da Giuseppe Argirò 
con Mascia Musy e Maria Letizia Gorga
Teatro Lo Spazio
Via Locri 42/44 – Roma
Telefono: +39 06 77076486

dal martedì al sabato ore 20.45 - domenica ore 17.00

Ingresso: €12 (intero) - €9 (ridotto)
+€3 (tessera semestrale associativa del teatro)

"L'altra madre" è uno spettacolo che al contempo, se da una parte è inseribile nel contesto della più tragica attualità, dall'altra apre uno squarcio di luce, su quelle che possono essere le motivazioni di quel delitto che ai giorni nostri l'opinione pubblica, la società civile ritiene inspiegabile. La penna di Argirò passa agevolmente tra la narrazione dei due archetipi di madre assassina: Medea e Agave, ad un confronto con le vicende attuali di donne che hanno ucciso i propri figli. L'attenzione è piena catturata, dal volere ascoltare la frase successiva delle storie di cronaca, narrate da le due interpreti Mascia Musy e Maria Letizia Gorga, come se si sentisse una sete, che solo se non la comprensione, almeno la conoscenza delle motivazioni sottese alla decisione di uccidere i propri figli, potessero placare. La nostra è una società che per certi versi sembra nata ieri, oppure abbia bevuto qualche potente filtro magico che l'ha portata alla dimenticanza. La libertà se fosse davvero un valore per tutti, potrebbe risolvere, addirittura non creare il dramma. Non tutte le donne sono fatte per essere mogli e madri, quella di esserlo dovrebbe essere una scelta libera e consapevole, e non un ripiego, o un volere altrui. E se succede per amore vero, tenere cura di questo amore. La donna è un individuo, come lo è l'uomo, e può avere se schiacciata, da un'amore spezzato o mai realmente nato, e solo subito, un tragico rigurgito di pura affermazione personale. "L'altra madre" è uno spettacolo che non può lasciare indifferenti, a prescindere dal momento di culmine in cui Medea narra come uccide la seconda moglie di Giasone che mi ha fatto percorrere la schiena da gelidi brividi, nonostante indossassi un maglione di lana, tanto era la potenza espressa dalle due interpreti, ma anche per la messa a fuoco di quanto la società odierna abbia obliterato l'individuo uomo o donna che sia, e si stupisca quando qualche ingranaggio salta.
Miriam Comito





La drammaturgia mette insieme due personaggi eccellenti della tragedia greca come Medea e Agave, protagonista de Le Baccanti e alcuni ritratti di madri assassine che affollano continuamente la cronaca dei nostri giorni. Il rapporto tra il mito e l’infanticidio è ineludibile; ciò che appare più misterioso è la sospensione di giudizio in una civiltà di colpa come quella greca e lo scandalo civile in una società come la nostra, incapace di intuire i disagi profondi da cui nascono comportamenti incontrollabili. In questa zona franca si situa la scrittura scenica che ha l’arduo compito di approfondire i territori inesplorati dell’animo umano. Il racconto interiore di questi sentimenti ancestrali diventa una confessione teatrale affidata all’interpretazione delle attrici che intrecciano la cronaca contemporanea e un passato secolare. Sulla scena, quella del Teatro Lo Spazio dal 16 al 21 dicembre p.v. in compagnia di Mascia Musy e Maria Letizia Gorga dirette dall’autore e registaGiuseppe Argirò - riaffiorano i personaggi femminili della mitologia che compiono atti feroci e straordinari al di fuori della logica quotidiana.L’altra madre (questo il titolo della pièce qui al suo debutto in anteprima nazionale) è la madre che non può uccidere, la madre che non può sopprimere il proprio figlio e che diventa al contrario la madre che deve farlo per affermare il proprio ruolo, rifiutando la funzione a cui la società la designa, attaccando quindi la struttura fondamentale del consorzio civile: la famiglia.
Cercare ragioni a quanto accade oggi nella cronaca degli omicidi familiari non è possibile se non ascoltando la voce che viene dal passato, dal mito che racconta la memoria infinita dell’essere umano, creando figure femminili così potenti da diventare archetipi fondamentali della nostra civiltà, radicandosi nel nostro inconscio collettivo. Il testo si snoda attraverso continue analogie, anticipazioni, flashback, come una sequenza narrativa che prevede un montaggio alternato delle vicende di ogni singolo personaggio. La tessitura oscilla continuamente tra la metafora del linguaggio teatrale e il linguaggio cinematografico, avvalendosi delle cadenze e dei ritmi di una drammaturgia composita ed eterogenea. La partitura mette in scena due attrici che alternano le voci della tragedia e diverse storie strappate alla quotidianità. Queste storie cercano di affrontare e rivelare il disagio profondo che spinge all’infanticidio. La difficoltà psichica e il malessere sociale che portano alla negazione della vita sono il tratto eminente di queste confessioni.
Una forma di comunicazione necessaria per dare vita a un tribunale intimo, senza espiazione o verdetto, una rappresentazione sincera e spietata di una coscienza senza rimozione, ugualmente colpevole e innocente, a cui solo il teatro può dare voce.
  

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