lunedì 16 luglio 2018

LungaVitaFestival Arte teatro e aperitivo all'Aventino

Progetto LungaVitaFestival
Roma - lunedì 16 luglio
Arte, Teatro e aperitivo sulle terrazze dell'Accademia Nazionale di Danza all'Aventino
Con il direttore del Museo Egizio di Torino Cristian Greco, Stefano Sabelli e Gianmarco Saurino in Moby Dick e La morte della bellezza di Patroni Griffi. Tutto questo nella quarta giornata di LungaVitaFestival - la manifestazione dedicata a Mito e Contemporaneo ideata e diretta da Davide Sacco e Ilaria Ceci. Dalle 16.30 a mezzanotte non stop quotidiano di incontri e spettacoli nel cuore archeologico di Roma. Fino a venerdì 20 luglio.


Ore 16.30

Voce del verbo Conservare
Le biografie degli oggetti antichi - Incontro con Cristian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino
Ore 20.00
Stefano sabelli e Gianmarco Saurino
in
MOBY DICK
Da Hermann Melville
Testo e regia di Davide Sacco
Musiche dal vivo di Giuseppe Spedino Moffa
Produzione Teatri Molisani Soc. Coop.
Ore 22.00
LA MORTE DELLA BELLEZZA
di Giuseppe Patroni Griffi
con Nadia Baldi, Franca Abategiovanni, Marina Sorrenti, Antonella Ippolito, Rossella Pugliese
regia Nadia Baldi
Produzione Teatro Segreto S.R.L.


MOBY DICK
Da Hermann Melville - Testo e regia di Davide Sacco - Musiche dal vivo di Giuseppe Spedino Moffa. Produzione Teatri Molisani Soc. Coop.
Naviga nei mari dell’anima e dell’inconscio questa riscrittura dell’opera di Melville di Davide Sacco. Figlio “naturale” della cultura occidentale, Achab, nella balena bianca, vede i limiti dell'uomo e si getta nella sua iperbolica caccia, con l’unica fiocina possibile: la forza della Ragione, del Sapere, dell’Arte. Si trasforma così in tutti i protagonisti della storia della letteratura che hanno solcato e sfidato i mari della Conoscenza tuffandosi, senza paura, fra i grandi monologhi di Shakespeare e Moliere o nei saggi di Artaud, che ne formano le maestose onde. Incrocia la sua sfida al mostro degli oceani, Ismaele, giovane, forte, bello, in tutto simile ad Achab, per tenacia e capacità di saper improvvisare e stare sull’onda! Così simili da essere, forse, padre e figlio! O, forse, diversi ma entrambi uniti nella forza d’affrontare il proprio mostro. Dentro il mare del Sé. Esistono due mondi nel fondo dell’uomo: uno emerso, di nero pece, bitorzoluto, figlio di ferraglia rugginosa, inscritto nella fisica, nell’algebra, inciso a fuoco in canti e musiche, incestuoso di sogni americani, di saluti alla folla, di: “…scegli un pezzo di terra, punta la bandiera e coltivalo!” Poi, parallelo, c’è un mondo subacqueo, intontito da un silenzio ovattato che lascia posto solo agli ultrasuoni, a echi provenienti dalla superficie e dagli abissi, un mondo di mostri dell’anima, che trainano le nostre azioni in maniera del tutto inconscia, con potenza animalesca tale da strappare le funi della ragione. La maggiore difficoltà nella riscrittura di un testo-mondo qual’è Moby Dick, è interpretare il ruolo della balena bianca nell’economia della narrazione: “Se qualcuno vuole dirvi cosa rappresenti Moby Dick, voi non credetegli” (A. Baricco).
Ecco, il punto di vista scelto da Davide Sacco nel trasporre in scena il capolavoro di Melville. Un’opzione che lascia allo spettatore la possibilità di leggere nel bianco capodoglio le sfumature che preferisce e di solcare con Achab il mare della solitudine e della ricerca, per scontrarsi, con i propri limiti. Pure, questo allestimento, è un corpo a corpo fra Stefano Sabelli e Gianmarco Saurino, fra Achab e Ismaele, tanto importante che, nella loro lotta, all’ultimo spasimo, si legge piuttosto un rapporto padre-figlio: tanto più intimo, profondo, contraddittorio quanto più solido e pervasivo è in scena il loro incontro-scontro Due protagonisti, che diventano facce della stessa medaglia: esperienza e ingenuità, temperanza e irruenza, passione e disillusione. Possono scambiarsi di ruolo ma non perdono mai di coerenza e integrità. Allo stesso tempo “uniti e soli” trovano conforto – e necessità – nell’enorme, sconfinata distesa d’acqua che li circonda. Due personaggi che forse vivono solo della loro immagine riflessa nel mare, un oceano che nasconde il segreto della balena e che si appresta ad inghiottirli. Ma forse Ismaele, emblema dell’uomo che supera i propri limiti e ne esce rinnovato e purificato, riuscirà a salvarsi.

LA MORTE DELLA BELLEZZA
di Giuseppe Patroni Griffi con Nadia Baldi, Franca Abategiovanni, Marina Sorrenti, Antonella Ippolito, Rossella Pugliese Regia Nadia Baldi Produzione Teatro Segreto S.R.L.
La morte della bellezza di Giuseppe Patroni Griffi, è un romanzo classico e storico. È la vicenda di un amore omosessuale fra due giovani, sullo sfondo di una Napoli in piena guerra e sotto i bombardamenti aerei; amore sensuale e sentimentale, controverso e negato, che l’atmosfera crudele e incantata di una città fatale rende simbolico come le fiamme che la esaltano e distruggono. Emerge il conflitto fra l’educazione sentimentale e la celata omosessualità del sedicenne Eugenio che, insidiato dal giovane tedesco Lilandt, prima lo rifiuta e poi si getta impetuosamente in un legame amoroso.
Cinque attrici sono l’unica scenografia, resi viventi da un accordo di morbide e graffianti musiche che illuminano il palcoscenico. Qui il soggetto non è soltanto quello dichiarato in prima battuta Com’era bella Napoli quaranta anni fa, ma anche l’omosessualità, che lo scrittore-regista narra con cenni insoliti e coraggiosi, afferrati nella sua intrinseca e naturale inclinazione scenica dal riadattamento di Nadia Baldi.
Nella Napoli del ‘43, sotto i bombardamenti incessanti, brucia la storia di due giovani la cui straordinaria bellezza ha come sfondo una città contraddistinta, quaranta anni fa, dallo splendore di Posillipo e del mare. Meglio che i Caraibi.
La mimesi linguistica, presentata con grazia ed ironia dalle cinque protagoniste, celebra la consacrazione, da parte di Eugenio e Lilandt, ai sensi del corpo, alla voluttà di un amore tormentato, negato ed in seguito bramato. Ebbe la sensazione che tutta quanta la sua vita, con la rapidità di una fisarmonica che si chiude, si concentrasse per arrivare a questo momento. La morte della bellezza, nel riadattamento, rispetta ed esalta lo “stile d’acqua” di Patroni Griffi che, associato alla capacità da parte delle interpreti nel trattare con una rara attitudine gestuale e vocale un argomento così delicato come la omosessualità, scorre fluente come acqua. La rielaborazione del testo evidenzia una grande abilità femminile a raffigurare con destrezza e maestria l’avvenenza e la riluttanza di un amore maschile. Una nota caratteristica si concentra sull’ironia di pezzi musicali che irrompono prepotentemente sulla scena, adeguandosi alla situazione ambientale concreta di una Napoli sempre sospesa tra farsa e realtà.

Accademia Nazionale di Danza, Largo Arrigo VII, 5
Attività pomeridiane ingresso libero - Spettacoli serali €20,00 / € 12,00


INFO E PREMOTAZIONI: progettolungavita@gmail.com – mob. +393403700803 www.ticket.it  
www.tradizioneteatro.com

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