D. Ciao Anna, tu sei laureata in giurisprudenza, però hai anche un'altra attività professionale che è quella del teatro. Queste due passioni ti sono nate parallellamente una all'altra?
R. La passione per la giurisprudenza e in particolare per il diritto amministrativo, l'ho sempre avuta fin dai tempi delle scuole superiori, parallelamente a questa non ho avuto la passione per il teatro ma la passione aratistica in generale, infatti, per un periodo di tempo ho studiato pianoforte, convogliavo tutta la mia energia creativa là, e sulla scrittura che è una passione che mi accompagna da sempre, fin da piccola scrivevo racconti, poesie, indovinelli, cose spiritose, e ora questa mia passione si è trasformata in una professione.
D. Cosa ti piace scrivere di più?
R. Le storie di vita comune, io traggo da quello che c'è intorno..le "follie" della vita degli uomini, e delle donne, le loro storie che si intersecano, vedendole con un occhio ironico, descrivendo delle situazioni che a volte sono anche tragiche e le porto in teatro.
D. Tu reciti anche?
R. Si io recito anche, la passione per la recitazione è arrivata più o meno 13-14 anni fa, ma era già latente in me. Il teatro è un posto, una magia dove si parla della persona, dove tu utilizzi le esperienze che hai avuto, quello che sai, e lo metti a disposizione di un personaggio, interpretando un ruolo, tutto il tuo corpo e tutta la tua esperienza diventano degli strumenti per costruire un personaggio, che a sua volta diventa un mezzo per trasmettere quello che ha scritto l'autore al pubblico. Il pubblico si riconosce, o non si riconosce in un personaggio.
D. Molti attori dicono che quando interpretano un personaggio scoprono di se dei lati che non conoscevano ancora. Tu cosa ne pensi di questa cosa?
R. E' un po' vero e un po' no. Secondo me può essere vero nel senso che ognuno di noi ha delle parti di se che non approfondisce bene, perchè se non si ha l'occasione di tirare fuori una parte di se, non ci si interroga su questo lato della personalità, se invece, un copione mette davanti proprio quella parte di se che si è tenuta nascosta, o che non si conosce ci si lavora sopra, e quindi, iniziano a venire fuori tutta quella serie di emozioni, sensazioni, e ricordi. Non sono d'accordo quando questa frase si dice come se fosse la parte di un manuale. In fondo noi conosciamo sempre le nostre parti, in modo più o meno consapevole, noi loi sappiamo quelo che siamo, non lo portiamo alla consapevolezza, ma dentro di noi c'è tutto.
D. Anna ci vuoi parlare della tua formazione teatrale?
R. La mia formazione teatrale inizia con Sergio Zecca, ho iniziato con i suoi laboratori al Teatro 7, che ho seguito per molti anni, e da lì mi sono completamente innamorata del teatro. Poi ho studiato con Julio Solinas, che adesso non c'è più, con Lucilla Lupaioli, fino poi all'incontro con Danny Lemmo, ho continuato la formazione in 10 anni continuamente, attraverso stage e corsi intensivi, e laboratori, in seguito ho iniziato a crearmi dei gruppi miei. La formazione è chiaramente questa però bisogna dire che nella formazione conta tantissimo fare l'attore, più lo fai e più ti formi.
D. Che lavori teatrali hai fatto?
R. Con la compagnia di Capocroce abbiamo fatto tutte le commedie di Garinei e Giovannini, e la cosa che ricordo con più simpatia è "Se il tempo fosse un gambero" e il teatro veniva giù io interpretavo, pur essendo molto magra, Sora Cleofe questa donna molto cicciona per cui indossavo un vestivo di gommpiuma, e cantavo, ballavo, cantavamo in diretta live. E' stata una bella soddisfazione perchè il teatro era molto grande ed era sempre pieno. La commedia, in se stessa, era molto bella e c'èra un grandissimo Andrea Arieti che faceva il protagonista, e c'erano i miei amici di sempre Carlo Tollo e Christian Galizia.
D. Tu hai interpretato anche delle cose che hai scritto tu?
R. Si, la cosa che mi sta dando soddisfazione e che ora ripropongo il 20 agosto ad Approdo alla lettura, e il 27 Agosto al Teatro del Macro Testaccio è "Vi dichiaro marito e moglie" che è una commedia sul matrimonio, ma sulle follie del matarimonio, sulle isterie della coppia, è incentrata attorno a questi due coniugi, che litigano per qualsiasi motivi, per le spese pazze che fa lei, il problema che ha con le scarpe, le bugie che dice quando prende le multe, e il fatto che lui è sempre attratto dalla televisione un pò un uomo un po' una poltrona. Ci sono delle situazioni molto comiche perchè su un equivoco scoppia una dinamica molto divertente. Nella prima versione l'ho fatta con Christian Galizia, Carlo Tollo, Marco Funaro e Lorenza Ferraro, con la regia di Fulvio Calderoni, adesso la rifarò con Alessandro Bergallo, Carlo Tollo,Christian Galizia, e Sara Francesca Spelta. Nel ruolo del vicino rompiscatole si alterneranno Alessandro Bergallo e Marco Funaro a seconda degli impegni di entrambe.
D. Avete creato il marchio VIVA LA TIVU', ci vuoi parlare di questo progetto che in parte si è già realizzato.
R. Il progetto è essenzialmente di Alessandro Bergallo e Paolo Serra e poi del gruppo di VIVA LA TV' facciamo parte io, Christian Galizia, Enzo De Santo e Fabio Bucca. E' un contenitore, in cui si trova, innanzitutto, lo spettacolo che è uno spettacolo format sia per la televisione sia per il teatro, si parla di comunicazione e in particolare di quella televisiva. Questo perchè noi abbiamo visto che parlando di televisione, si parla anche della società, perchè nè un po' l'immagine,ne è lo specchio, quindi non sappiamo più dove finisce la realtà e dove inizia la televisione e quindi abbiamo pensato che parlando di questo tema così particolare si potesse parlare non solo del tema che di per se è così affascinante, il tema della comunicazione contiene in se tante di quelle articolazioni, ma si potesse parlare di uno spaccato della società. Abbiamo quindi riproposto attraverso uno spettacolo format delle serie televisive degli spettacoli, delle situazioni, ma non scimmiottandoli, ma come se facessimo noi la televisione, un po' creando noi, un po' prendendo in giro i programmi che già ci stanno, il tutto sotto forma di varietà, quindi con tanta musica. Con tutto il rispetto ci siamo ispirati a quello che fa Renzo Arbore, abbiamo ricreato quello che è la televisione, ma prendendola in giro a volte in maniera molto cinica, facendo vedere alle persone le dinamiche che ci sono dentro alla televisione. Certo questa è una parte, poi c'è anche la televisione buona, noi non la vogliamo buttare via la televisone a noi piace la televisione "Qualcosa è buono ma il resto non va" come dice il testo di una delle nostre canzoni. Per cui Viva La Tv' è un format fatto da professionisti e in più è un laboratorio creativo che dà la possibilità a tutti quelli che persone che anche se non hanno mai fatto teatro vogliono farlo,vogliono approcciarsi a questo tema, imparando con noi, in maniera tranquilla e leggera, ma allo stesso tempo è creativo quindi si possono esprimere le proprie idee e punti di vista, una partecipazione quindi attiva. Gli insegnatnti danno delle dritte su come stare sul palcoscenico, sul lavoro dell'attore, uno studio dei testi e poi si fa uno spettacolo creato da me e da Alessandro Bergallo. Abbiamo creato anceh dei personaggi come il tuttologo, il politico onesto, prendendoli dalla televione ma rielaborandoli in modom originale con il nostro solito occhio ironico. La cosa a cui tengo è che noi vogliamo diventare un'alternativa culturale.
D. Questo è stato il primo anno, avete intenzione nel prossimo futuro di continuare approfondendo?
R. Al livello di laboratorio è stato il primo anno,noi vogliamo continuare, approfondendo quello che abbiamo cominciato, sia a livello di laboratorio creativo perchè abbiamo visto che dà dei frutti, le persone che hanno aprtecipato quest'anno, pur se nuovi della materia hanno tirato fuori molta creatività, per cui è un filone che vogliamo portare avanti aprendo il laboratorio in varie parti di Roma e anche a Genova dove c'è il seme di questa cosa perchè c'è Alessandro Bergallo. Un'altra cosa è che andremo, spero, tra fine settembre e ottobre, in giro con lo spettacolo fatto dai professionisti. I ragazzi del laboratorio i non professionisti noi li chiamiamo "gli underground" anche nel laboratorio abbiamo trovato dei talenti che vanno potenziati, portati avanti e poi di volta in volta faranno parte del format ufficiale, loro porteranno avanti lo spettacolo degli underground e noi quello dei professionisti, vanno avanti parallelamente.
D. Anna tu il format di Viva La TV' lo hai voluto portare anche in un ambiente particolare, che è il carcere di Rebibbia, che esperienza è stata? Ti ha toccato in modo particolare?
R. E' un ambiente particolare, ci sono delle difficoltà che è inutile nascondere, ci sono persone che nonè che hanno scelto di fare un laboratorio perchè vogliono fare teatro, ma persone che stanno là forzatamente perchè hanno commesso dei reati, hanno una convivenza forzata e una serie di problemi che è facile da immaginare, anche se poi quando li tocchi con mano ti rendi conto che sono molto maggiori di quelli che si possono pensare, io sono rimasta molto toccata già solo da questo.
D. Perchè hai scelto di fare questa cosa?
R. Questa domanda me l'hanno fatta anche loro, in maniera provocatoria, il primo giorno che sono andata là. Non è stato per nessun motivo di ritorno nè economico. Il principio che mi muove è il solito che a me muove con le persone, a me piace l'umanità e secondo me non si deve far distinzione di alcun tipo quando si parla di esseri umani, perchè ognuno ha la propria sensibilità ognuno ha la propria storia, ha la propria dignità. Ho pensato che in un ambiente come questo ceh presente tutte quelle criticità a cui accennavo prima un lavoro di questo tipo su se stessi e un lavoro di tipo creativo e al tempo stesso divertente potesse far bene a loro. In termini pratici è stato tostissimo, perchè hanno ho avuto nessun aiuto, è stato anche complicato gestire la cosa con le istituzioni.
D. Quest'esperienza rispetto ad altri laboratori ti ha laciato qualcosa in più o di diverso?
R. Le persone hanno tutte un loro mondo, per cui i legami che si creano nell' ambito del laboratorio, nell'ambito dello scambio di emozioni quando si parla di palcoscenico, di interpretare delle emozioni, noi ci viviamo sulle emozioni, non è tanto diverso con le persone del laboratorio e le persone del carcere che per me è laboratorio anche quello, e che lì in quella situazione di grandissima sofferenza vederle crescere, vederle ridere a crepapelle, forse costituisce una cosa in più, loro mi hanno sempre ripagato, alla fine delle tre ore mi dicevano "ma che sono già passate tre ore? Ma che giorno torni la prossima settimana?". Abbiamo fatto i testi con loro, e loro hanno messo tutta la dedizione possibile e mi hanno ripagato durante lo spettacolo, perchè anceh se avevano paura hanno dato il massimo, la cosa da dire è che hanno dato un valore diverso da quello che può dare una persona che è in libertà, perchè fare un'eperimento tale quando si è una situazione di privazione, di implosione, e molto difficile e coraggioso.
Miriam Comito