PICCOLO ELISEO PATRONI GRIFFI
12 novembre 2013 | 8 dicembre 2013
Roberto Herlitzka
in
IL SOCCOMBENTE
ovvero il mistero Glenn Gould
di Thomas Bernhard
traduzione Renata Colorni
riduzione dall’omonimo romanzo
di
Ruggero Cappuccio
e con
Marina Sorrenti
regia Nadia Baldi
musiche originali di Marco Betta
ambientazioni videografiche Davide Scognamiglio
progetto luci costumi e scene Nadia Baldi
assistente alla regia Davide Paciolla
luci Giuseppe Falcone
fonica Valerio Rodelli
foto Gabriele Gelsi
grafica Giovanni Natiello
consulenza amministrativa Isabella Amelio
organizzazione Nadia Baldi
distribuzione Lia Zinno
produzione esecutiva Mariano Grimaldi
collaborazione con A. P. S. Manovalanza
Roberto Herlitzka, vincitore quest’anno del Nastro d’argento alla carriera e del David di Donatello come migliore attore
protagonista, sarà in scena dal 12 novembre all’8
dicembre al Piccolo Eliseo Patroni Griffi di Roma. Acclamato dal pubblico
e critica per le recenti prove d’attore ne La Grande Bellezza di Sorrentino, La Bella Addormentata
di Bellocchio e Il Rosso e il Blu di Piccioni, Herlitzka debutta
ne Il Soccombente capolavoro di T. Bernhard per la prima volta sui palcoscenici italiani.
Nadia Baldi firma una nuova regia di uno dei capolavori della letteratura mondiale
del Novecento. La versione teatrale è curata da Ruggero Cappuccio per l’interpretazione
di Roberto Herlitzka e Marina Sorrenti. Il
flusso vulcanico del romanzo di Bernhard esplode in tutta la sua lancinante
bellezza, illuminando i temi cari all’autore e all’Arte del Novecento
con una lucidità di scrittura assoluta e chirurgica. Il genio, il suo
fatale isolamento, l’amicizia, l’amore, l’inquietudine come farmaco
e veleno per sopravvivere alle crudeltà dell’esistenza umana,
si sprigionano dalle parole di Bernhard attraverso il racconto di una
vicenda esemplare. Due giovani amici, Wertheimer e l’io narrante dietro
il quale si cela il desiderio di proiezione dello stesso scrittore,
raggiungono Salisburgo per frequentare un corso di perfezionamento pianistico
tenuto da Horowitz. Nella città di Mozart, che li adesca e deprime,
i due giovani incontrano e si legano ad un ragazzo singolare che si
chiama Glenn Gould. Quando Wertheimer e l’Io narrante sentono suonare
Gould, vengono travolti dalla piena di un trauma interiore che non concederà
loro un solo attimo di pace per il resto della vita. I due virtuosi
del pianoforte comprendono con chiarezza abbagliante che il loro amico
canadese è un genio, peggio, una prova indiscutibile dell’esistenza
di Dio. Il futuro dell’Io narrante e di Wertheimer è compromesso
per sempre. Entrambi abbandonano gli studi pianistici ed entrambi subiscono
il ricatto quotidiano della insostituibile bellezza della musica. Gli
assalti della frustrazione, dell’ossessione, di una tagliente dimensione
fobica che li magnetizza verso il pianoforte e da esso li allontana,
creano un monumento dell’ambivalenza sentimentale che si concretizza
come summa perfetta dei modernissimi crocevia psicoanalitici. L’indubitabile
amore che Wertheimer e l’Io narrante nutrono per Glenn Gould, l’ammirazione
per la suprema profondità con la quale egli ricrea le variazioni Goldberg
di Bach, vanno di pari passo con la consapevolezza che il Dio del suono
è entrato nella loro vita minacciando di distruggerlo.
L'interpretazione di Roberto Herlitzka nel soccombente è perfettamente aderente, con i suoi toni di voce modulati, la sua drammaticità mista a ironia, ad una perfetta percezione da parte del pubblico del dramma della depressione, dell'uomo medio che si occupa di arte e che crede di essere destinato a grandi cose, a grandi sucessi, per poi scontrarsi con il genio vero, quello capace di andare oltre la prassi, oltre i virtuosismi, di rompere il canone e di lasciare a bocca aperta....e davanti a questo, l'uomo medio, che si avvicinato all'arte con tanta dedizione, ma senza avere dentro la scintlla non può che soccombere. E' uno scandagliare dell'anima, sulla ricerca della perfezione che porta alla decomposizione di chi la cerca, perchè è impossibile trovarla, essa stessa significa stagnazione o morte. Lo stesso Glenn Gould è morto di ictus quando era all'apice del successo.
Miriam Comito
La regia di Nadia Baldi dà vita ad un set della memoria
e del ritorno represso, facendo dell’Io narrante-Herlitzka il baricentro
di un passato attivo che torna a reclamare i suoi diritti. La regia
introduce ad “assecondarlo” una figura femminile inesistente nel
romanzo, di cui non v’è certezza di identità, figura motore interpretata
da Marina Sorrenti.
In un luogo adimensionale, l’Io Bernhard sopravvissuto alla fine
di Gould e al suicidio di Wertheimer, compie un’impietosa anatomia
delle anime, lottando contro le parole, contro il fantasma della mediocrità,
contro la morte e la vita, con una passione e un calore scientifici,
crudi e tragicomici. La messinscena, con le ambientazioni videografiche
di Davide Scognamiglio e le musiche di Marco Betta, invita il pubblico
ad entrare nella più profonda seduta analitica che la letteratura abbia
prodotto nell’ultimo secolo. Il successo, il fallimento, le speranze,
le disillusioni, l’amore per chi si odia e l’odio per chi si ama,
le creature di un passato che non passa, attraverso il corpo di Berhard
–Herlitzka con stupefacente vivezza, allineandosi al genio di Bach,
come la ricerca delle variazioni infinite sull’essere e sul vivere.
Orari recite: lunedì, martedì, giovedì, sabato 20.45 | mercoledì e domenica 17.00
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