FONTAMARA
SINFONIA DEI CAFONI
COMUNICATO STAMPA
Andrà in scena il 24, 25 e 26 novembre al Teatro Tordinona lo spettacolo
FONTAMARA, una produzione Teatro Stabile d’Abruzzo e Teatro Lanciavicchio con la
regia di Antonio Silvagni. La riscrittura dal romanzo di Ignazio Silone è opera di
Francesco Niccolini ( già autore di Marco Paolini, Vetrano e Randisi, Alessio Bonie altri
numerosi interpreti) che per l’adattamento teatrale ha ricevuto IL PREMIO SILONE. Lo
spettacolo è stato anche premiato al FESTIVAL DI RESISTENZA, Casa Museo Cervi.
In un’epica dimensione di popolo prende vita il racconto di Fontamara, e modella da
subito un racconto corale, una sorta di sinfonia a più voci, in cui il mondo dei cafoni,
di tutti quei lavoratori della terra di ieri e di oggi si affolla sul palcoscenico per dare
testimonianza di una strage, forse di un genocidio. Come in una sorta di Giudizio
Universale, quattro cafoni sono immobili davanti a un cumulo di terra, la stessa che
hanno lavorato per una vita o dalla quale forse sono appena risorti, e si stagliano in
uno spazio vuoto, attraversato solo da nebbia, che li avvolge e a volte li nasconde. E
in questa atmosfera rarefatta, quasi mitica, danno la loro testimonianza ricostruendo
le prevaricazioni dei potenti del latifondo Torlonia e le violenze dei fascisti nel
paesino di FONTAMARA. Ma non sono soli. A richiamarli in vita, e a dare loro la parola,
quella che non hanno mai avuto in vita, è il personaggio che Silone nel romanzo
chiama ‘Il Figlio’: è un figlio dei cafoni del Fucino, ma oggi è un ragazzo con la pelle
scura che lavora quella stessa terra e approda al palco sceso chissà da quale barcone
del mare per rievocare quella strage lontana, ma ancora drammaticamente attuale.
Francesco Niccolini autore della riscrittura dell’opera siloniana racconta il valore che
ancora oggi rende il romanzo di Ignazio Silone attuale “Quando vent'anni fa ho avuto
la fortuna di lavorare con Marco Paolini e Gabriele Vacis al Racconto del Vajont, uno
dei capitoli più duri da studiare e al tempo stesso esempio di coraggio e forza
morale, è stata la lettura dell'arringa dell'accusa, scritta dall'avvocato Sandro
Canestrini, ora novantaquattrenne: ne fece un piccolo libro, un autentico pamphlet,
che intitolò Vajont: genocidio di poveri. Ecco, tornando a Fontamara a distanza di
tanti anni, e con molti chilometri e incontri belli e tragici sulle spalle, penso che
questo romanzo capolavoro sia un altro capitolo fondamentale per chi ha deciso di
raccontare quel genocidio. Ora, insieme agli attori cafoni come si definiscono loro
stessi del Teatro Lanciavicchio e ad Antonio Silvagni, provo a portare quelle voci e
quei fantasmi sul palcoscenico.»
Premiato al FESTIVAL DI RESISTENZA 2019, Casa Museo Cervi
PREMIO SILONE 2019 a Francesco Niccolini per la riscrittura dell’opera siloniana Teatro Tordinona www.i-ticket.it
FONTAMARA
dal romanzo di IGNAZIO SILONE
adattamento e drammaturgia FRANCESCO NICCOLINI
una produzione TEATRO STABILE D’ABRUZZO- TEATRO LANCIAVICCHIO
con la collaborazione del CENTRO STUDI SILONE
COMUNE DI PESCINA, COMUNE DI AVEZZANO
con ANGIE CABRERA, STEFANIA EVANDRO, ALBERTO SANTUCCI, RITA
SCOGNAMIGLIO, GIACOMO VALLOZZA
disegno luci CORRADO REA
tecnica GIANCARLO TOZZI, MIRKO TALLIUSSI
musiche originali GIUSEPPE MORGANTE
documentazione video FRANCESCO CIAVAGLIOLI
sartoria SORELLE MARCELLI
scenografia e costumi SCENOTECNICA ‘IVAN MEDICI’ regia ANTONIO SILVAGNI
«Torno a Fontamara 35 anni dopo il mio primo viaggio. Allora avevo 15 anni: la forza
disperata dei tre testimoni protagonisti del capolavoro di Silone non mi ha mai abbandonato.
Quello stile piano, colmo di dignità e al tempo stesso di umiliazione, l'ironia della scrittura e
la ferocia dei potenti. I privilegi dei ricchi, la loro ingordigia, la presa in giro spietata di un
mondo destinato al genocidio. Perché un genocidio è stato. Solo che allora non avevo gli
strumenti per capirlo. Quando vent'anni fa ho avuto la fortuna di lavorare con Marco Paolini
e Gabriele Vacis al Racconto del Vajont, uno dei capitoli più duri da studiare e al tempo
stesso esempio di coraggio e forza morale, è stata la lettura dell'arringa dell'accusa, scritta
dal- l'avvocato Sandro Canestrini, ora novantaquattrenne: ne fece un piccolo libro, un
autentico pamphlet, che intitolò Vajont: genocidio di poveri. Ecco, tornando a Fontamara a
distanza di tanti anni, e con molti chilometri e incontri belli e tragici sulle spalle, penso che
questo romanzo capolavoro sia un altro capitolo fondamentale per chi ha deciso di
raccontare quel genocidio. Ora, insieme agli attori cafoni come si definiscono loro stessi del
Teatro Lanciavicchio e ad Antonio Silvagni, provo a portare quelle voci e quei fantasmi sul
palcoscenico.»
Francesco Niccolini Note di regia
Fontamara è un romanzo spietato. Questa assenza mi ha suscitato da sempre un certo
fastidio in questo straordinario romanzo, che ho amato, che dovevo amare, raccontava della
mia terra, ma ...qualcosa mi allontanava da Silone. Sentivo che la commozione che io
provavo per i cafoni, non intaccava minimamente Silone e questo lo trovavo inspiegabile,
ma anche insopportabile. Silone non lascia trasparire mai la pietà per la situazione
miserrima dei cafoni, che pure vivono in condizioni disumane, vengono imbrogliati,
sbeffeggiati, sfruttati, violentati, uccisi, ma l'autore tira avanti dritto nella sua strada
narrativa, senza indugiare un momento in considerazioni sul loro dolore, in descrizioni della
loro afflizione.
Malgrado quello che accade ai fontamaresi, Silone non è mai indulgente con loro, con i loro
difetti, le loro meschinità dettate dall'ignoranza e dalla miseria. Poi - colpevolmente in
ritardo- ho capito che una delle forze del romanzo è proprio questa assenza di indulgenza
da parte dell'autore, questa scelta di sradicare ogni forma di pietà dalla narrazione di una
storia così terribile, quella spietatezza nella cronaca di fatti duri, cruenti, immorali che ci
accompagna all' ineluttabile destino di morte è il solo modo di raccontare una società che
per affermarsi ha bisogno di sbeffeggiare l’ingenuità, sbeffeggiare l'ingenuità, calpestare i
più deboli.L' assenza di commozione è la strada che intraprende Silone per commuovere,
per commuoverci... 'farci muovere verso’... E muovere qualcuno e far muovere qualcosa
attraverso l'arte in un momento storico di coscienze assopite come quello che ha vissuto
Silone, era un grande obiettivo. A lui è riuscito, e riesce ancora a quasi un secolo di
distanza.
Abbiamo cercato con il nostro spettacolo di essere il più possibile vicini a Silone, abbiamo
cercato uno spettacolo asciutto, rigido, duro. Uno spettacolo senza pietà. Senza pietà per i
cafoni e la loro storia. Senza pietà per gli attori inchiodati sul posto a dar vita a cento vite.
Senza pietà per quegli spettatori abituati a ammiccamenti e moine. Senza pietà per i figli dei
cafoni di Fontamara e le loro storie d’oggi.
Antonio Silvagni
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