lunedì 20 novembre 2023

FONTAMARA dal romanzo di Ignazio Silone con la regia di Antonio Silvagni in scena dal 24 al 26 novembre al Teatro Tordinona-Roma



 FONTAMARA

SINFONIA DEI CAFONI 

COMUNICATO STAMPA

Andrà in scena il 24, 25 e 26 novembre al Teatro Tordinona lo spettacolo 

FONTAMARA, una produzione Teatro Stabile d’Abruzzo e Teatro Lanciavicchio con la 

regia di Antonio Silvagni. La riscrittura dal romanzo di Ignazio Silone è opera di 

Francesco Niccolini ( già autore di Marco Paolini, Vetrano e Randisi, Alessio Bonie altri 

numerosi interpreti) che per l’adattamento teatrale ha ricevuto IL PREMIO SILONE. Lo 

spettacolo è stato anche premiato al FESTIVAL DI RESISTENZA, Casa Museo Cervi. 

In un’epica dimensione di popolo prende vita il racconto di Fontamara, e modella da 

subito un racconto corale, una sorta di sinfonia a più voci, in cui il mondo dei cafoni, 

di tutti quei lavoratori della terra di ieri e di oggi si affolla sul palcoscenico per dare 

testimonianza di una strage, forse di un genocidio. Come in una sorta di Giudizio 

Universale, quattro cafoni sono immobili davanti a un cumulo di terra, la stessa che 

hanno lavorato per una vita o dalla quale forse sono appena risorti, e si stagliano in 

uno spazio vuoto, attraversato solo da nebbia, che li avvolge e a volte li nasconde. E 

in questa atmosfera rarefatta, quasi mitica, danno la loro testimonianza ricostruendo 

le prevaricazioni dei potenti del latifondo Torlonia e le violenze dei fascisti nel 

paesino di FONTAMARA. Ma non sono soli. A richiamarli in vita, e a dare loro la parola, 

quella che non hanno mai avuto in vita, è il personaggio che Silone nel romanzo 

chiama ‘Il Figlio’: è un figlio dei cafoni del Fucino, ma oggi è un ragazzo con la pelle 

scura che lavora quella stessa terra e approda al palco sceso chissà da quale barcone 

del mare per rievocare quella strage lontana, ma ancora drammaticamente attuale. 

Francesco Niccolini autore della riscrittura dell’opera siloniana racconta il valore che 

ancora oggi rende il romanzo di Ignazio Silone attuale “Quando vent'anni fa ho avuto 

la fortuna di lavorare con Marco Paolini e Gabriele Vacis al Racconto del Vajont, uno 

dei capitoli più duri da studiare e al tempo stesso esempio di coraggio e forza 

morale, è stata la lettura dell'arringa dell'accusa, scritta dall'avvocato Sandro 

Canestrini, ora novantaquattrenne: ne fece un piccolo libro, un autentico pamphlet, 

che intitolò Vajont: genocidio di poveri. Ecco, tornando a Fontamara a distanza di 

tanti anni, e con molti chilometri e incontri belli e tragici sulle spalle, penso che 

questo romanzo capolavoro sia un altro capitolo fondamentale per chi ha deciso di 

raccontare quel genocidio. Ora, insieme agli attori cafoni come si definiscono loro 

stessi del Teatro Lanciavicchio e ad Antonio Silvagni, provo a portare quelle voci e 

quei fantasmi sul palcoscenico.» 

Premiato al FESTIVAL DI RESISTENZA 2019, Casa Museo Cervi 

PREMIO SILONE 2019 a Francesco Niccolini per la riscrittura dell’opera siloniana Teatro Tordinona www.i-ticket.it

FONTAMARA

dal romanzo di IGNAZIO SILONE

adattamento e drammaturgia FRANCESCO NICCOLINI

una produzione TEATRO STABILE D’ABRUZZO- TEATRO LANCIAVICCHIO

con la collaborazione del CENTRO STUDI SILONE

COMUNE DI PESCINA, COMUNE DI AVEZZANO

con ANGIE CABRERA, STEFANIA EVANDRO, ALBERTO SANTUCCI, RITA

SCOGNAMIGLIO, GIACOMO VALLOZZA

disegno luci CORRADO REA

tecnica GIANCARLO TOZZI, MIRKO TALLIUSSI

musiche originali GIUSEPPE MORGANTE

documentazione video FRANCESCO CIAVAGLIOLI

sartoria SORELLE MARCELLI

scenografia e costumi SCENOTECNICA ‘IVAN MEDICI’ regia ANTONIO SILVAGNI

«Torno a Fontamara 35 anni dopo il mio primo viaggio. Allora avevo 15 anni: la forza 

disperata dei tre testimoni protagonisti del capolavoro di Silone non mi ha mai abbandonato. 

Quello stile piano, colmo di dignità e al tempo stesso di umiliazione, l'ironia della scrittura e 

la ferocia dei potenti. I privilegi dei ricchi, la loro ingordigia, la presa in giro spietata di un 

mondo destinato al genocidio. Perché un genocidio è stato. Solo che allora non avevo gli 

strumenti per capirlo. Quando vent'anni fa ho avuto la fortuna di lavorare con Marco Paolini 

e Gabriele Vacis al Racconto del Vajont, uno dei capitoli più duri da studiare e al tempo 

stesso esempio di coraggio e forza morale, è stata la lettura dell'arringa dell'accusa, scritta 

dal- l'avvocato Sandro Canestrini, ora novantaquattrenne: ne fece un piccolo libro, un 

autentico pamphlet, che intitolò Vajont: genocidio di poveri. Ecco, tornando a Fontamara a 

distanza di tanti anni, e con molti chilometri e incontri belli e tragici sulle spalle, penso che 

questo romanzo capolavoro sia un altro capitolo fondamentale per chi ha deciso di 

raccontare quel genocidio. Ora, insieme agli attori cafoni come si definiscono loro stessi del 

Teatro Lanciavicchio e ad Antonio Silvagni, provo a portare quelle voci e quei fantasmi sul 

palcoscenico.» 

Francesco Niccolini Note di regia

Fontamara è un romanzo spietato. Questa assenza mi ha suscitato da sempre un certo

fastidio in questo straordinario romanzo, che ho amato, che dovevo amare, raccontava della

mia terra, ma ...qualcosa mi allontanava da Silone. Sentivo che la commozione che io

provavo per i cafoni, non intaccava minimamente Silone e questo lo trovavo inspiegabile,

ma anche insopportabile. Silone non lascia trasparire mai la pietà per la situazione

miserrima dei cafoni, che pure vivono in condizioni disumane, vengono imbrogliati,

sbeffeggiati, sfruttati, violentati, uccisi, ma l'autore tira avanti dritto nella sua strada

narrativa, senza indugiare un momento in considerazioni sul loro dolore, in descrizioni della

loro afflizione.

Malgrado quello che accade ai fontamaresi, Silone non è mai indulgente con loro, con i loro

difetti, le loro meschinità dettate dall'ignoranza e dalla miseria. Poi - colpevolmente in

ritardo- ho capito che una delle forze del romanzo è proprio questa assenza di indulgenza

da parte dell'autore, questa scelta di sradicare ogni forma di pietà dalla narrazione di una

storia così terribile, quella spietatezza nella cronaca di fatti duri, cruenti, immorali che ci

accompagna all' ineluttabile destino di morte è il solo modo di raccontare una società che

per affermarsi ha bisogno di sbeffeggiare l’ingenuità, sbeffeggiare l'ingenuità, calpestare i

più deboli.L' assenza di commozione è la strada che intraprende Silone per commuovere,

per commuoverci... 'farci muovere verso’... E muovere qualcuno e far muovere qualcosa

attraverso l'arte in un momento storico di coscienze assopite come quello che ha vissuto

Silone, era un grande obiettivo. A lui è riuscito, e riesce ancora a quasi un secolo di

distanza.

Abbiamo cercato con il nostro spettacolo di essere il più possibile vicini a Silone, abbiamo

cercato uno spettacolo asciutto, rigido, duro. Uno spettacolo senza pietà. Senza pietà per i

cafoni e la loro storia. Senza pietà per gli attori inchiodati sul posto a dar vita a cento vite.

Senza pietà per quegli spettatori abituati a ammiccamenti e moine. Senza pietà per i figli dei

cafoni di Fontamara e le loro storie d’oggi.

Antonio Silvagni

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