SalaUmberto
StagioneTeatrale 2013/2014
dal 17 al 22 dicembre 2013
Promo Music e il Rossetti - Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
presentano
Simone
Cristicchi
MAGAZZINO 18
L’esodo degli italiani
cancellati dalla storia
di Simone
Cristicchi scritto con Jan Bernas
musiche
e canzoni inedite Simone Cristicchi
musiche
di scena e arrangiamenti Valter Sivilotti
registrate
dalla FVG Mitteleuropa Orchestra
collaborazione
alla scrittura Matteo Pelliti
regia
Antonio
Calenda
Finalmente uno spettacolo che si occupa di una di quelle parti della nostra storia misconosciuta, perchè pericolosa da raccontare.Simone Cristicchi, Jan Bernas, e Antonio Calenda, si sono presi la briga di andarsi a studiare le tristi vicende dell'esodo biblico degli italiani d'Istria, Fiume e Dalmazia, per portare alla luce una delle pagine più buie della nostra storia, ma non buia solamente perchè piena di morti, ma buia proprio perchè "dimenticabile", archiviabile. Cristicchi si muove agevolmente tra recitazione e canto dando vita ad un racconto a ragnatela. Partendo dall'inconsapevole e buffo archivista Persichetti, mandato a Trieste appunto per archiviare, nel senso di mettere a tacere il contenuto del magazino 18 del vecchio porto di Trieste, un contenuto, fatto di sedie, armai e altra mobilia che non può rimanere muto, perchè ognuno di quegli oggetti è apprtenuto a qualacuno, ha una storia da raccontare e non da archiviare. Persichetti, si ritrova piano piano avvolto dalle evocazioni, scoprendo che il quartiere Giuliano dalmata di Roma non era dedicato ad una persona ma era il quartiere dove a Roma erano stati assipati i profughi Istriani e dalmati in fuga dalla Jugolasvia di Tito, in seguito al terrore delle foibe e degli attentati rivendicati e non.
Ma non è solo questo, anzi ,forse la fuga è la parte più conosciuta, poi, c'è la parte meno conosciuta, ovvero che una volta traversato l'Adriatico oppure appena arrivati con un treno merci ad una stazione arriva la concente delusione di non essere bene accetti,ma di essere tacciati come fascisti, nonstante nel gruppo di profughi vi fosse un buon numero di operai e contadini.
Nello spettacolo viene fatta una ricostruzione storica dei fatti, sennza dare colpe a questi piuttosto che a quelli, ma rimanendo dolorosamente stupiti di come 350.000 civili abbiano fatto le spese di decisioni prese da altri.
Miriam Comito
Il racconto dell’ esodo
biblico degli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, parte da un luogo “simbolo”: il Magazzino
18 del Porto Vecchio di Trieste.
Furono quasi 350 mila le persone che all’ indomani del trattato di pace del 1947, abbandonati i propri beni e imballata la loro vita, preferirono avventurarsi verso un’Italia disastrata, affamata e diffidente, piuttosto che restare estranei nella Jugoslavia di Tito, una terra di violenze e soprusi che non riconoscevano più. Una storia ancora poco conosciuta, volutamente rimossa, forse perché scomoda. Il protagonista, ideale “Virgilio” per gli spettatori, è un umile archivista romano, spaesato e ignorante, che viene inviato dal Ministero degli Interni a Trieste, per fare l’inventario di questa enorme catasta di masserizie abbandonate e stipate alla rinfusa. Oggetti marchiati da nomi e numeri, che raccontano la tragedia di un popolo sradicato dalla propria terra. Sedie, armadi, specchiere, cassapanche, attrezzi da lavoro, libri, ritratti, quaderni di scuola, fotografie in bianco e nero. Oggetti che sembrano essere in attesa di un fantasma che li venga a prendere, perché capaci di evocare direttamente la persona cui sono appartenuti. Il giovane protagonista ne riporta alla luce la vita che vi si nasconde, scoprendone gradualmente l’esistenza, narrando in maniera cruda e schietta una delle vicende meno raccontate della storia d’Italia. Cambiando registri vocali, costumi e atmosfere musicali, Simone Cristicchi si trasforma dando vita ad ogni singolo personaggio: l’esule da Pola, il bambino di un campo profughi, la donna “rimasta” che scelse di non partire, il monfalconese che decide di andare in Jugoslavia, il prigioniero del lager comunista di Goli Otok. In una sorta di nuovo genere teatrale, il “Musical-Civile”, le testimonianze reali e le canzoni inedite sul tema, colmano il silenzio di una pagina strappata dai libri di Storia.
Furono quasi 350 mila le persone che all’ indomani del trattato di pace del 1947, abbandonati i propri beni e imballata la loro vita, preferirono avventurarsi verso un’Italia disastrata, affamata e diffidente, piuttosto che restare estranei nella Jugoslavia di Tito, una terra di violenze e soprusi che non riconoscevano più. Una storia ancora poco conosciuta, volutamente rimossa, forse perché scomoda. Il protagonista, ideale “Virgilio” per gli spettatori, è un umile archivista romano, spaesato e ignorante, che viene inviato dal Ministero degli Interni a Trieste, per fare l’inventario di questa enorme catasta di masserizie abbandonate e stipate alla rinfusa. Oggetti marchiati da nomi e numeri, che raccontano la tragedia di un popolo sradicato dalla propria terra. Sedie, armadi, specchiere, cassapanche, attrezzi da lavoro, libri, ritratti, quaderni di scuola, fotografie in bianco e nero. Oggetti che sembrano essere in attesa di un fantasma che li venga a prendere, perché capaci di evocare direttamente la persona cui sono appartenuti. Il giovane protagonista ne riporta alla luce la vita che vi si nasconde, scoprendone gradualmente l’esistenza, narrando in maniera cruda e schietta una delle vicende meno raccontate della storia d’Italia. Cambiando registri vocali, costumi e atmosfere musicali, Simone Cristicchi si trasforma dando vita ad ogni singolo personaggio: l’esule da Pola, il bambino di un campo profughi, la donna “rimasta” che scelse di non partire, il monfalconese che decide di andare in Jugoslavia, il prigioniero del lager comunista di Goli Otok. In una sorta di nuovo genere teatrale, il “Musical-Civile”, le testimonianze reali e le canzoni inedite sul tema, colmano il silenzio di una pagina strappata dai libri di Storia.
E pensare
che per cinque anni, nel tragitto che l’autobus 765 faceva per portarmi
al Liceo, c’era una fermata. Vicino
a quella fermata c’era un cartello, una specie di targa con su scritto
“Quartiere Giuliano Dalmata”. Ogni volta che ci passavo davanti,
leggevo quel cartello, e nella mia ignoranza mi chiedevo: “Ma questo
signor Giuliano Dalmata, chi era?”
Simone
Cristicchi
Al Porto Vecchio di Trieste
c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante. Racconta di una pagina dolorosissima della storia
d’Italia, di una vicenda complessa e mai abbastanza conosciuta del
nostro Novecento. Ed è ancor più straziante perché affida questa
“memoria” non a un imponente monumento o a una documentazione impressionante,
ma a tante piccole, umili testimonianze che appartengono alla quotidianità.
Una sedia, accatastata assieme a molte altre, porta
un nome, una sigla, un numero e la scritta “Servizio Esodo”. Simile
la catalogazione per un armadio, e poi materassi, letti, stoviglie,
fotografie, poveri giocattoli, altri oggetti, altri numeri, altri nomi…
Oggetti comuni che accompagnano lo scorrere di tante vite: uno scorrere
improvvisamente interrotto dalla Storia, dall’esodo.
Con il trattato di pace del 1947 l’Italia perdette
vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e quasi 350 mila
persone scelsero – davanti a una situazione intricata e irta di lacerazioni
– di lasciare le loro terre natali destinate ad essere jugoslave e
proseguire la loro esistenza in Italia. Non è facile riuscire davvero
a immaginare quale fosse il loro stato d’animo, con quale sofferenza
intere famiglie impacchettarono tutte le loro poche cose e si lasciarono
alle spalle le loro città, le case, le radici. Davanti a loro difficoltà,
povertà, insicurezza, e spesso sospetto.
Simone Cristicchi è rimasto colpito da questa
scarsamente frequentata pagina della nostra storia ed ha deciso di ripercorrerla
in un testo che prende il titolo proprio da quel luogo nel Porto Vecchio
di Trieste, dove gli esuli – senza casa e spesso prossimi ad affrontare
lunghi periodi in campo profughi o estenuanti viaggi verso lontane mete
nel mondo – lasciavano le loro proprietà, in attesa di poterne in
futuro rientrare in possesso: il Magazzino 18.
Coadiuvato nella scrittura da Jan Bernas e diretto
dalla mano esperta di Antonio Calenda, Cristicchi partirà proprio da
quegli oggetti privati, ancora conservati al Porto di Trieste, per riportare
alla luce ogni vita che vi si nasconde: la narrerà schiettamente e
passerà dall’una all’altra cambiando registri vocali, costumi,
atmosfere musicali, in una koinée di linguaggi che trasfigura il reportage
storico in una forma nuova, che forse si può definire “Musical-Civile”.
E sarà evocata anche la difficile situazione
degli italiani “rimasti” in quelle terre, o quella gravosa dell’operaio
monfalconese che decide di andare in Jugoslavia, o del prigioniero del
lager comunista di Goli Otok…
Lo spettacolo sarà punteggiato da canzoni e
musiche inedite di Simone Cristicchi, eseguite dal vivo.
Con Magazzino 18, lo Stabile del Friuli Venezia Giulia
ripete la felice esperienza già vissuta in partnership con Promo
Music in occasione della messinscena nel 2004 di Variazioni sul cielo
di e con l’astrofisica Margherita Hack e Sandra Cavallini.
SALA
UMBERTO
Via della Mercede, 50
(06.06.6794753
Prezzi: da € 32,00 a € 16,00
Orari: dal martedì al sabato ore 21,
secondo mercoledì ore 21,
domenica ore 17,00 sabato ore 17 e 21
Nessun commento:
Posta un commento