giovedì 31 ottobre 2013

E POI PINOCCHIO

TEATRO ELISEO 
E POI… PINOCCHIO
DAL 12 NOVEMBRE 2013 FINO ALLA BEFANA
Azione scenica in due atti liberamente ispirata a “Pinocchio” di Carlo Collodi.
Testo e regia di Gigi Palla
Scene e costumi di Santuzza Calì
Con Cristina Capodicasa, Gerardo Fiorenzano, Sergio Mancinelli,
Veronica Milaneschi, Gigi Palla, Gabriela Praticò, Silvia Scotto
Musiche originali di Alessandro Cercato
Tecnica: teatro d'attore, con musiche e inserti di videoteatro.

Prosegue anche quest’anno l’impegno, ormai decennale, del Teatro Eliseo per aprire ai più piccoli le porte del mondo magico e incantato del teatro. Dal 12 novembre 2013 fino alla befana, andrà in scena E Poi..Pinocchio scritto e diretto da Gigi Palla, con i costumi e le scene di Santuzza Calì. Con Cristina Capodicasa, Gerardo Fiorenzano, Sergio Mancinelli, Veronica Milaneschi, Gigi Palla, Gabriela Praticò, Silvia Scotto. Musiche originali di Alessandro Cercato.

E poi... Pinocchio. Ovvero il difficile compito di essere un bambino.
Potrebbe essere questo il sottotitolo più azzeccato per questo allestimento che – come Racconta Gigi Palla - a grande richiesta, la compagnia del progetto bambini del Teatro Eliseo ripropone per la stagione teatrale 2013/2014, dopo il successo dello scorso anno.
Infatti per questa elaborazione del celeberrimo romanzo di Collodi, ho pensato di partire proprio da lì, dal punto in cui l'autore toscano termina la sua opera, con la tanto sudata “metamorfosi” da burattino a bambino, volendo infatti riflettere su quella condizione che noi “grandi” sempre rimpiangiamo, quella dell'età della fanciullezza, che siamo soliti descrivere come spensierata, e a vagheggiarla con malcelata malinconia.
Dimenticandoci che magari non è stato tutto rose e fiori.
Infatti, ogni stagione della nostra vita in realtà ha difficoltà commisurate alla condizione corrispondente e anche l'infanzia non sfugge a questo assunto.
E allora ho immaginato un Pinocchio che, dopo aver sudato tanto per essere un bambino, si trova ad affrontare con dei nuovi occhi, quelli appunto del bambino, tutte le difficoltà della sua nuova condizione, della sua nuova realtà.
Una realtà che ho voluto apparisse al nostro eroe difficile da decifrare e da affrontare; un mondo del tutto diverso da quello disincantato a cui era abituato, un mondo che prevede assunzione di responsabilità, impegno, dovere, obblighi, precetti; un mondo dove tutto appare più complicato: farsi capire dai grandi, farsi accettare dagli amici, difendersi dai bulli della scuola... un mondo frenetico, pieno di impegni, di troppe cose da fare.
In buona sostanza un mondo che è una grande fatica e che in breve lo porterà a rimpiangere la sua antica, spensierata condizione e a desiderare di ritornare indietro, a quando era solo un burattino di legno.
Ed è proprio in questa ricerca della condizione perduta che risiede il nodo drammatico dello spettacolo, il motore dell'azione scenica: una nuova avventura che proprio attraverso questa ricerca porterà Pinocchio ad acquistare rinnovata consapevolezza e fiducia per la sua condizione di bambino.
A fargli da contrappunto in questo viaggio avventuroso nella vita reale ho pensato di inserire tutti i personaggi più importanti del racconto collodiano, anche loro però “contaminati” dalla vita reale, e per questo così trasformati, da apparire spesso irriconoscibili agli occhi del protagonista: una Fata Turchina “trendy” e in cerca di successo nel mondo dello spettacolo, irrimediabilmente concentrata su se stessa e quindi incapace di dare ancora ascolto al suo diletto burattino, un Gatto e Volpe prigionieri nel loro ruolo di imbroglioni ma ormai sempre meno scaltri, un Grillo sempre pedante ma che attua nuove strategie educative, un Lucignolo dj di una discoteca e molti altri ancora.
Ma in questa elaborazione ho anche voluto far rivivere le pagine del romanzo collodiano creando uno spettacolo che alterna alle scene della nuova realtà del Pinocchio bambino, le scene del ricordo del Pinocchio che fu, più direttamente ispirate e fedeli alle pagine del Collodi: un modo per mettere a paragone le due condizioni, del bambino, nuova e presente, e del burattino, rimpianta e passata, per far risaltare il senso di un'esperienza che sostanzialmente appare o verrebbe apparire come un percorso di crescita”.

SINOSSI DELLO SPETTACOLO

Il nostro spettacolo è  costruito sull'alternanza tra le scene che raccontano questa nuova avventura di Pinocchio bambino, contrappuntate da scene che ricordano le avventure del burattino risalenti all'originale collodiano. Qui di seguito riportiamo una sintesi della sequenza delle scene dello spettacolo.
Ma se non volete rovinarvi la sorpresa... beh allora passate oltre!


Primo atto

Scena prima
Pinocchio si sveglia, ormai bambino, ed è  subito travolto dal vortice degli impegni, degli obblighi e dei doveri quotidiani di un bambino: la scuola, le attività, i compiti. Decide che questa nuova condizione proprio non fa per lui. Decide di voler tornare ad essere un burattino. Ma come fare?

Scena seconda
Pinocchio si imbatte nel mezzobusto del suo autore, Collodi appunto, al quale chiede di farlo tornare burattino. L'autore toscano tiene però il punto e lo invita a rivolgersi, se proprio ci tiene, alla fata Turchina.

Scena terza
Evocata da Pinocchio compare la Fata Turchina accompagnata dal suo fido Medoro. Appare però molto cambiata e molto concentrata su se stessa. Pinocchio stenta a riconoscerla...

Scena quarta
Irrompe il Grillo Parlante che mette in guardia Pinocchio: la Fata Turchina è impazzita! Ha deciso di diventare una velina e percorrere la strada del successo. Pinocchio non vuole crederci e ricorda al Grillo l'episodio in cui la Fata lo salvò convincendolo a prendere la medicina.

Scena quinta
La Fata porta con sé Pinocchio al Paese dei Balocchi, la discoteca in cui dovrà esibirsi nel concorso “Diventa una star”. Pinocchio è titubante: ricorda infatti quanti guai passò a causa del soggiorno nel Paese dei Balocchi. Pinocchio scopre che il proprietario della discoteca è però nientemeno che il suo amico Lucignolo.


Scena sesta
Lucignolo conduce con sé Pinocchio al Campo dei Miracoli, una sala giochi abitualmente frequentata dal Gatto e dalla Volpe. E ancora una volta Pinocchio non può fare a meno di pensare all'imbroglio subito dai due lestofanti al Campo dei Miracoli, quand'era burattino. Anche in questa occasione i due tentano di imbrogliare Pinocchio, ma questa volta restano con le pive nel sacco: Lucignolo e Pinocchio vincono una grande cifra, con la quale decidono di fare un viaggio alla volta di Hollywood!

Fine primo atto.

Secondo atto.

Scena prima
In questa nuova storia l'unico personaggio che non ha cambiato il suo destino è il povero Geppetto, vuoi o non vuoi sempre alle prese con un figliolo scapestrato. Di questo se ne duole con Collodi che lo invita ad aver pazienza e a seguire la nuova avventura del suo figliolo nelle lontane americhe.

Scena seconda
Lucignolo e Pinocchio, nella patria del cinema, decidono per prima cosa di andare a vedersi un bel film: sorprendentemente si ritrovano a vedere il film “Le avventure di Pinocchio”. Alla fine della visione Lucignolo si rende conto che il suo personaggio è stato tagliato. Se ne va su tutte le furie, lasciando solo il povero Pinocchio.

Scena terza
Lo strano bigliettaio che aveva strappato i biglietti ai due ragazzi, si scopre essere Mangiafuoco. Pinocchio lo riconosce. A lui confida i suoi propositi di tornare burattino. Mangiafuoco, grazie ai burattini del suo teatrino, fa rivivere a Pinocchio le imprese che gli consentirono di diventare un bambino vero. Alla fine dello spettacolo, Mangiafuoco chiede ai bambini presenti di convincere Pinocchio ad affrontare senza più titubanze la sua avventura da bambino: riusciranno i nostri amici nell'impresa?
CANZONI DELLO SPETTACOLO
Anche la scelta delle musiche dello spettacolo risponde all'esigenza dell'alternanza tra nuova avventura e ricordo dell'avventura passata. Accanto alle musiche originali composte dal maestro Cercato, le cui basi potranno essere scaricate sul link che troverete sul sito www.teatroeliseo.it, echi di celebri temi dedicati al burattino di legno.

INFORMAZIONI
Spettacolo per bambini da 4 a 11 anni
Recite per le scuole dal lunedì al venerdì ore 10.30 (sabato riposo)

Recite speciali per famiglie: domenica ore 11 + 26 e 27 dicembre ore 16
Biglietti: Bambini 10 €  | Adulti 12 € | Bambini scuole infrasettimanali 8 €
Botteghino: via Nazionale, 183  06 4882114 | 06 48872222

Info e prenotazioni scuole e gruppi: tel. 06 48872207 | 06 4746390 | 06 48872220 info@itacaitaca.it

ADRIANA ASTI in LA VOCE UMANA- IL BELL'INDIFFERENTE recensione

PICCOLO ELISEO PATRONI GRIFFI
29 ottobre | 3 novembre 2013
ADRIANA ASTI
in
La voce umana
Il bell'indifferente
di Jean Cocteau
traduzione René de Ceccatty
con Mauro Conte
regia Benoît Jacquot
scene Roberto Plate
costumi Nicoletta Ercole e Christian Gasc
luci Jacques Rouveyrollis

un progetto di Spoleto56 Festival dei 2Mondi
coproduzione Spoleto56 Festival dei 2Mondi,
Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Mittelfest
Dopo il grande successo di Giorni felici - di Samuel Beckett con la regia di Robert Wilson - al Teatro Valle di Roma nel 2010, torna a Roma, al Piccolo Eliseo Patroni Griffi, Adriana Asti, indiscussa protagonista del teatro e del cinema, con una prova d’attrice dedicata a Jean Cocteau. Con la prestigiosa messa in scena di Benoît Jacquot, grande regista del cinema francese che per la prima volta si misura con le tavole del palcoscenico.
La voce umana
Una donna al telefono, nella sua camera da letto, aggrappata alla flebile voce dell’uomo che l’ha lasciata per un’altra. Il celebre atto unico - un intenso monologo della protagonista - ripercorre drammaticamente la parabola dell’amore finito.
Il bell’indifferente
Scritto per Edith Piaf, un altro celebre monologo femminile sulla fine di un amore. Alla presenza di una muta e indifferente figura maschile.
"Le due pièce si susseguono, prima La voce umana, poi Il bell’indifferente. Nessun intervallo, appena il tempo di modificare a vista la scena. L’attrice scenderà dal palcoscenico, assisterà al cambio degli arredi da una poltrona della prima fila, risalirà non appena pronta la scena.
Ne La voce umana un pavimento inclinato mostra l’angolo di una camera. I muri del teatro con le loro porte, scale, estintori restano visibili nell’oscurità. L’attrice, a piedi nudi, non potrà che salire o scendere sulla pendenza del pavimento. Un letto, una lampada con abat-jour, una poltroncina, un altro lume con abat-jour, un telefono a filo.
Cocteau: "… una camera, un personaggio, l’amore, e l’accessorio banale delle camere moderne, il telefono … (l’autore) vorrebbe che l’attrice desse l’impressione di sanguinare, di perdere il suo sangue come una bestia azzoppata, per terminare l’atto in una camera piena di sangue".
Ne Il bell’indifferente si dispongono in altro modo gli stessi arredi, sullo stesso pavimento inclinato, collocando alcuni elementi di scena, porte, finestre e mantenendo visibili i muri del teatro. Si passa da un giorno che finisce a una notte rischiarata dai neon dell’esterno urbano.
Le due pièce, presentate di seguito, compongono la prova di una sola attrice ed esprimono la stessa denuncia di una donna sola.
Voilà."

La scelta di mettere in scena due piéce di Jean Cocteau, scritte a distanza di 11 anni l'una dall'altra,  la prima "La voce umana" portata per la prima volta in scena  a Parigi il 13 marzo 1929 da Berthe Bovy e la seconda "Il bell'indifferente" scritto nel 1940 per Edith Piaf, è una scelta azzeccata in quanto, seppur la prima fu scritta da Cocteau in seguito ad una sua esperienza personale, vanno entrambe a toccare, anche se, in modo diverso il dramma della solitudine, quella solitudine determinata dalla fine di un amore, o dall'indifferenza del soggetto amato, e il sentimento respinto, o non curato, non ha sesso.
 Lodevole l'idea di non fare una trasposizione temporale, di non mettere telefonini Hi phone o quanto altro al posto del telefono a filo già di per se ben rappresentativo, di un oggetto che serve a mettere in contatto le persone lontane tra loro, ma che allo stesso tempo diventa strumento di tortura, come lo diventano l'orologio,  e l'ascensore, e  tutti quei corpi meccanici che sono al di fuori dell'essere vivente, e che fanno da tramite tra le persone diventando, al tempo stesso, essi stessi centri nevralgici dell'attenzione.La tua voce passa attraverso il filo del telefono e io ho il filo attorno al collo....ho la tua voce attorno al collo....dice la protagonista de "La voce umana" una voce che è assente, ma che lo spettatore può intuire. Nel "Il bel indifferente" l'amato è presente ma muto, rifugia la sua indifferenza dietro una cortina di fumo o un giornale, non ascolta, completamente sordo, ai tentavi patetici di instaurare un dialogo da parte della donna, che però quando esce non dimentica di chiudere ben benino a chiave dentro la camera d'albergo.
Miriam Comito


Benoît Jacquot
Due tipi di solitudine. La voce umana, spesso considerato l’espressione della passione femminile per un uomo infedele, va letto e quindi recitato con una certa autoironia. Infatti, quando Cocteau scrisse nel ‘30 questo monologo, s’ispirò a un fatto personale. Innamorato di un giovane poeta, per il quale nel ’28 aveva firmato la prefazione di J’adore, aveva trasfigurato quell’amore infelice nella disperazione telefonica di una donna. Un giorno, il poeta surrealista Paul Eluard, che assisteva alle «prove» assieme al regista russo Sergej Ejzenstejn, protestò rumorosamente: «Basta! Basta! E’ a Desbordes che lei sta telefonando!». In qualche modo, attraverso il personaggio femminile, Cocteau aveva messo se stesso sul palcoscenico e la propria disperazione. Jean Desbordes morirà il 16 luglio del ’44, torturato dai tedeschi e rifiutando di dare i nomi dei suoi compagni francesi della Resistenza. Morirà eroicamente. Non era un uomo frivolo.
Molto diverso Il bell’indifferente, scritto nel ’40 per Edith Piaf e il suo compagno di quell’epoca, l’attore Paul Meurisse (celebre per il suo modo molto distaccato di recitare, appunto quasi indifferente). Lo stile è più gergale, meno «borghese», meno compassionevole. Con un tono più spiritoso e scherzoso. Si sente un’altra voce, insieme più brutale e più sfumata. L’uomo questa volta è presente, ma muto. Mentre il primo era assente, o almeno astratto, nel mitico telefono. Comunque in entrambi i casi, la donna è sola. Ma la sua solitudine non è la stessa.

René  de Ceccatty

Benoît Jacquot è sicuramente uno dei registi cinematografici francesi più raffinati.
Dalla sua collaborazione con Marguerite Duras, quando verso la metà degli anni sessanta iniziò la sua carriera nel cinema, ad oggi ha girato ventitre film che lo hanno reso noto al pubblico sia europeo che americano.
Il suo cinema è in Europa molto più  conosciuto nei paesi della Mitteleuropa e dell’Est che non in Italia dove puntualmente rimbalzano notizie dei suoi successi, come quello di Les Adieux à la reine dell’anno scorso al Festival di Berlino.
Questa messinscena teatrale è una prima assoluta per lui sulle tavole del palcoscenico ed è dedicata alla grande Adriana Asti.
Se Benoît Jacquot non ha bisogno di presentazioni, non è Adriana Asti ad averne bisogno, perchè è senza ombra di dubbio una delle più grandi attrici italiane.
Sarebbe pura retorica rievocativa perdersi in citazioni attraversando l’enorme numero di ruoli da lei magistralmente interpretati, ma mi pare interessante sottolinearne, oltre all’immenso talento, la raffinata intellettualità che appartiene ad una Roma coltissima, ormai dissolta nel passato. A quella Roma di Natalia Ginzburg, di Moravia, di Pasolini e di Elsa Morante che lei assiduamente frequentò, assimilandone profondamente l’essenza poetica.
Forse non tutti sanno che Adriana Asti è  molto conosciuta e amata in Francia, dove ha spesso recitato in lingua francese e questo rende la collaborazione Asti-Jacquot eccezionalmente naturale.
Ed è certo che l’opera di Jean Cocteau formerà con questi due artisti un triangolo perfetto e che la sua Voce umana e il suo Il bell’indifferente ritroveranno ora più che mai la voglia di parlarci con inaudita intensità e con poetica cattiveria della nostra vita.
Il Festival dei due Mondi di Spoleto e Il Teatro Metastasio Stabile della Toscana hanno unito le forze per varare questa nuovissima scintillante produzione, che dopo il debutto al Festival avrà una lunga tournée nazionale e internazionale.
Paolo Magelli
Direttore Artistico Teatro Metastasio Stabile della Toscana

BENOÎT JACQUOT
Benoît Jacquot debutta nel 1965 come assistente alla regia. Fra il 1970 e il 1976 si occupa della realizzazione di documentari e nel 1975 dirige il suo primo film, ispirato ad un racconto di F. Dostoïesvski, L’Assassin musicien. Dopo Les Enfants du placard (1976), gira Les Ailes de la colombe (Storia di donne, 1981) tratto dal romanzo di Henry James, e interpretato da Isabelle Huppert, Dominique Sanda e Michele Placido; poi è la volta di Corps et biens, un giallo adattato dal romanzo Tendre femelle di James Gunn, e di Les Mendiants, basato sul romanzo di Louis-René Desforêts (1986). Con La Désenchantée (1989), interpretato da Judith Godrèche, si allontana dal cinema d’autore. La Fille seule (1995), con Virginie Ledoyen, viene elogiato dalla stampa internazionale. Le Septième ciel (1997) con Sandrine Kiberlain e Vincent Lindon è il suo primo grande successo di pubblico. Nel 1998 ritrova Isabelle Huppert per l’adattamento di un romanzo di Y. Mishima, L’école de la chair, presentato al Festival di Cannes. Nel 1999 dirige Fabrice Luchini, Vincent Lindon e Isabelle Huppert in Pas de scandale. Segue un periodo piuttosto prolifico, scandito dalla regia di film ‘in costume’: La Fausse Suivante (2000) di Marivaux, con Isabelle Huppert, Sandrine Kikerlain e Mathieu Amalric, Sade (2000) con Daniel Auteuil, Tosca (2001) con Angela Georghiu e Roberto Alagna e Adolphe (2002) con Isabelle Adjani e Stanislas Merhar. Nel 2003 gira Princesse Marie con Catherine Deneuve e Heinz Bennent, e nel 2006 Gaspard le bandit, con Jean Hughes Anglade e Natacha Régnier. La figura femminile - centrale del cinema di Benoît Jacquot - viene nuovamente celebrata in À tout de suite (2004), in L’intouchable (2006) con Isild Le Besco, in Villa Amalia (2008) con Isabelle Huppert. Nel 2012 adatta Les faux-Monnayeurs dal romanzo di André Gide per un film interpretato da Melvil Poupaud, e gira Au fond des bois con Isild Le Besco. La sua opera più recente, che ha inaugurato il Festival di Berlino 2012, è Les Adieux à la Reine, tratta da un romanzo di Chantal Thomas, con Lea Seydoux, Diane Kruger e Virgine Ledoyen. Benoît Jacquot è inoltre un autore televisivo: ha realizzato documentari su Jacques Lacan, Alfred Deller, Merce Cunningham, Marguerite Duras. Per il piccolo schermo ha adattato numerosi spettacoli teatrali: Voyage au bout de la nuit di Louis-Ferdinand Céline e L’étonnant voyageur, entrambi interpretati da Fabrice Luchini, La bête dans la Jungle tratto da un romanzo di Henry James (con Delphine Seyrig e Sami Frey), Dans la solitude des champs de coton di Bernard-Marie Koltès, Il faut qu’une porte soit ouverte ou fermée di Alfred de Musset, La Place Royale tratto da Pierre Corneille. Nel 2004 mette in scena Werther di Massenet alla Royal Opera House di Covent Garden con Marcelo Alvarez nel ruolo protagonista. La stessa produzione è andata in scena all’Opéra Bastille nel gennaio 2011, con Jonas Kauffman nel ruolo di Werther. Nel 2014 metterà in scena La Traviata all’Opéra Bastille.
ADRIANA ASTI
Nel corso della sua carriera teatrale è  stata diretta, tra gli altri, da Strehler, Visconti, Ronconi, Harold Pinter, Susan Sontag, Alfredo Arias interpretando con riconosciuta maestria grandi personaggi del teatro classico e moderno. Ha ispirato autori come la Ginzburg, Siciliano, Patroni Griffi, Cesare Musatti e Franca Valeri, che hanno creato per lei indimenticabili protagoniste per le nostre scene. Da molti anni recita anche in lingua francese ed è riuscita a far conoscere, con grande successo, alcune delle sue eroine, sui palcoscenici di Parigi. Ha scritto due commedie, Caro Professore e Alcool, rappresentate per più di 200 repliche, e due romanzi pubblicati in Francia, Rue Ferou e Se souvenir et oublier. Ha partecipato ad oltre 60 film diretta, tra gli altri, da Visconti, De Sica, Pasolini, Bertolucci, Bolognini, Brass, Giordana, Techiné e Bunuel. Stramilano, nostalgia in musica della sua città, e Ja das Meer ist blau, poemi e canzoni di Brecht e Weill, spettacoli da lei ideati, la vedono nella sua nuova veste di cantante. Per le sue interpretazioni ha ottenuto il Premio Ennio Flaiano, tre Maschere d’oro, quattro Nastri d’argento, il David di Donatello, la Grolla d’oro, il Premio De Sica e il Ciak d’oro. Dal 2004 è Grande Ufficiale della Repubblica Italiana. Nel 2009 Robert Wilson l’ha diretta in Giorni Felici di Samuel Beckett. Nel 2011 è stata insignita del titolo di Chevalier dans l’Ordre des Arts et de Lettres.

MAURO CONTE
Mauro Conte  esordisce come attore teatrale nel 2007. Tra i suoi spettacoli: Mercury Fur con la regia di Carlo Emilio Lerici, Il caso Braibanti, diretto da Giuseppe Marini e L’Uomo della Sabbia, regia Luca De Bei. Nel 2007 partecipa al programma televisivo "Decameron" di Daniele Luttazzi. Dal 2010 interpreta Mercuzio nel Romeo e Giulietta di Giuseppe Marini, giunto al suo terzo anno di repliche. Sempre nel 2010 viene scelto dal regista francese André Téchiné come coprotagonista di Impardonnables (presentato al Festival di Cannes 2011- sezione Quinzaine des Realizateurs) al fianco di André Dussollier, Carole Bouquet e Adriana Asti. Nel 2010 è tra i vincitori del premio Oscar dei Giovani. Nel 2012 partecipa al cortometraggio Fratelli Minori di Carmen Giardina (con Paolo Sassanelli ed Alessio Vassallo) ed è nel cast de I sogni delle ragazze di Mirca Viola. Nel 2013 viene scelto ancora una volta da André Téchiné per far parte del cast de L’homme qui l’on aimait trop, al fianco di Catherine Deneuve.
ROBERTO PLATÉ 
Artista, pittore e scenografo, Roberto Platé  è nato a Buenos Aires nel 1940. Influenzato dal nonno paterno, disegnatore e pittore di talento, acquisisce ben presto la consapevolezza di quanto il disegno costituisca mezzo privilegiato di espressione. Studia all’Accademia di Belle Arti di Monaco attratto anche dal movimento della scuola Bauhaus e al ritorno in patria entra a far parte dell’avanguardia artistica argentina. Nel 1966 con una dozzina di artisti, fra i quali Alfredo Arias, forma il gruppo TSE (Théâtre Sans Explication). Il collettivo artistico emigrerà poi a Parigi quando la censura del regime militare mette fine al periodo di libertà di cui il movimento d’avanguardia aveva goduto fino ad allora. Alcune delle sue creazioni hanno provocato scalpore per l’audacia del suo stile fino ad aprirgli poi, più tardi, le porte del successo. Terminata negli anni ’70 la collaborazione con il collettivo artistico TSE, Platé si apre ad altri generi, al teatro e all’opera. Espone le sue installazioni e opere di pittura a Parigi, e regolarmente anche nei musei e gallerie d’arte di Buenos Aires. Ha ricevuto numerosi premi per le sue opere e nella sua lunga carriera ha allestito le scenografie di moltissimi spettacoli nei più prestigiosi teatri francesi, europei, argentini e negli Stati Uniti.
NICOLETTA ERCOLE
Costumista di cinema, teatro, televisione, ha collaborato con molti registi italiani e internazionali, fra i quali, Marco Ferreri, Bolognini, Visconti, Benigni, Tornatore, Margarete Von Trotta, Vanzina, Pieraccioni, Nuti, James Cameron, Richard Loncrain, Julie Taymor, Francis Ford Coppola. Ha curato i costumi di più di 130 film per il cinema, la televisione e di diversi spettacoli teatrali con Polansky, Barbareschi, Giorgio Ferrara e molti altri. Nel settore della moda ha collaborato con stilisti come Pier Luigi Tricò, Renato Balestra, Valentino, Laura Biagiotti, Trussardi. È stata consulente per Bulgari, per il Gruppo Tod’s e per Cinecittà Holding. Ha curato l’organizzazione dei festeggiamenti per i 70 Anni di Cinecittà. È stata nominata come miglior costumista a tre Nastri d’Argento, tre David di Donatello, un Emmy Awards e un Oscar con Milena Canonero. Attualmente è Consigliere per gli Eventi Speciali, Relazioni Esterne e Progetto Mecenati del Festival dei Due Mondi di Spoleto.
CHRISTIAN GASC
Creatore di costumi per il cinema, il teatro e l’opera. Ha realizzato i costumi per più di 55 film, 19 opere e 35 pièce teatrali. Ha ricevuto un César per Le bossu di Philippe de Broca, per Ridicule di Patrice Leconte e per Madame Butterfly di Frédéric Mitterrand. Ha vinto un Moliére per Il ventaglio di Lady Windermere di Oscar Wilde, al théâtre du Palais-Royal. Tra le sue creazioni più conosciute, i costumi di: Le donne del 6° piano, Farewell, My Queen e I tempi che cambiano, Les Adieux à la Reine, Chocolat.

DANIELE NANNUZZI
Nato a Roma nel 1949, inizia a lavorare nel 1966 come assistente di suo padre nel film Incompreso di Luigi Comencini. Nel 1972 gira il primo film da operatore alla macchina, Appassionata, prodotto da Tonino Cervi. Affianca grandi direttori della fotografia e nel 1976 firma fotografia e regia della seconda unità di Gesù di Nazareth di F. Zeffirelli, con cui collaborerà per Il giovane Toscanini e Toscana, nei due film-opera Cavalleria Rusticana e Pagliacci, vincitori di due Emmy Award, e nel recentissimo Omaggio a Roma. Ha collaborato con registi come Lizzani, Brass, Jodorowski, Bondarciuck, Cervi, Bolognini, London, i fratelli Frazzi, Oldoini, Negrin, fino al magico incontro con Monteleone, regista di El Alamein; il film ottiene il David di Donatello, il Globo d’Oro, il Premio Gianni di Venanzo, la candidatura al Nastro d’Argento 2003. Nel 2004 firma la fotografia di Empire, una saga sulla Antica Roma prodotta dalla Touchstone e dalla Disney. A fianco di Boris Eifman realizza a San Pietroburgo la versione filmica dei balletti Anna Karenina e Onegin. Nel 2012 Giorgio Ferrara gli affida l’ideazione delle luci per Madama Butterfly al Teatro dell’Opera di Roma e per l’opera The Turn of the Screw di B. Britten al Festival di Spoleto. Con il Regista Iraniano Babak Payami ha appena terminato di girare in Canada il film Manhattan Undying.

JACQUES ROUVEYROLLIS
Jacques Rouveyrollis firma la sua prima "ideazione luci" con Les Jelly Roll. Dopo una collaborazione con Michel Polnareff diversifica la sua opera creando sia per gli spettacoli dal vivo che per i grandi eventi. Da Joe Dassin a Barbara, da Johnny Hallyday a Charles Aznavour, da Serge Gainsbourg a Michel Sardou, sono moltissimi gli artisti e i produttori che fanno appello alla magia di ombre e luci che è in grado di realizzare. In teatro debutta nel 1983 grazie all’incontro con Jean-Luc Tardieu che fa appello al suo talento per Cocteau Marais, al quale succedono centinaia di pièce in collaborazione con importanti registi. Vince due Molière per le luci di À tort ou à raison e per La boutique au coin de la rue. Crea le luci per molte opere e balletti prestigiosi. La sua opera si diffonde inoltre in tutti i continenti illuminando le vie e i maggiori luoghi di richiamo delle più belle città del mondo.

ORARI E PREZZI
martedì, giovedìvenerdì e sabato ore 20.45
mercoledìdomenica ore 17.00
Posto unico: Intero 20 euro - Ridotto 17

sto 20 € 17 € 15 € 11 €

mercoledì 30 ottobre 2013

PITIGLIANI KOLNO' A FESTIVAL VIII edizione

PITIGLIANI KOLNO’A FESTIVAL
VIII edizione

Roma, 2- 6 novembre 2013 Casa del Cinema e Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani
Ingresso gratuito fino a esaurimento posti
Torna dal 2 al 6 novembre alla Casa del Cinema  e presso il Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani di Roma, il Pitigliani Kolno’a Festival, kermesse di cinema giunta alla sua ottava edizione, diretta da Dan Muggia e Ariela Piattelli, che propone – a ingresso gratuito fino a esaurimento posti - nuovi titoli e prestigiosi ospiti. Unica rassegna cinematografica in Italia dedicata al cinema israeliano e di argomento ebraico, prodotto da Il Pitigliani - Centro Ebraico Italiano, il festival presenta film e documentari, organizza laboratori e incontri con registi e protagonisti della cinematografia contemporanea. Film di apertura, sabato 2 novembre alle ore 20:00 (ingresso a inviti) è il documentario The flat, di Arnon Goldfinger, che sarà proiettato contemporaneamente nelle due sale della Casa del Cinema e sarà riproposto al pubblico domenica 3 novembre.

Un grande evento del PKF 2013 presenta, lunedì 4 novembre alle ore 20:00, per la sezione PKF Professional Lab, il workshop moderato dal direttore Dan Muggia, dal titolo Dal piccolo budget al grande schermo, con il regista Sahron Bar-Ziv, che, con il suo primo film, Room 514, ha sviluppato un proprio metodo di lavoro: con 15mila euro ha girato il film in 4 giorni, lo ha montato in 16 e lo ha presentato in 35 festival internazionali. Il regista spiegherà durante l’incontro (già proposto con successo in festival internazionali come il Filmex di Tokyo, ma anche a Sarajevo, Karlovy Vary, Tel Aviv e Varsavia) come, in un periodo di scarsi finanziamenti e grandi rischi, si possa portare una storia sul grande schermo con un "micro budget", partendo dalla strategia e sceneggiatura per approdare all’aspetto produttivo, al finanziamento e alla distribuzione. A seguire, la proiezione del suo stesso lungometraggio d’esordio, Room 514.
Tra le iniziative del PKF 2013, l’Omaggio al regista Ran Tal, che sarà presente a Roma per presentare al pubblico due suoi recenti documentari, nella giornata di martedì 5 alla Casa del Cinema e in particolare durante la serata di mercoledì 6 novembre presso il Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani (via Arco de’ Tolomei, 1). Sarà infatti proiettato alle ore 19:30 The Garden of Eden, già premiato al Festival di Gerusalemme, che ritrae, catturando la bellezza del ciclo delle stagioni e scoprendo storie umane personali e collettive, un anno di vita di Gan HaShlosha, uno dei più grandi e frequentati parchi in Israele, conosciuto come il Sakhne. Quindi, alle ore 21:00, Sira Fatucci modererà l’incontro con il regista Ran Tal, per la proiezione del pluripremiato Children of the sun, già vincitore del Primo Premio nella sezione Documentari al Festival di Gerusalemme, che, tra nostalgia e memoria traumatica, tra l’incubo dei bambini costretti a dormire lontano dai propri genitori e la felicità causata dalla consapevolezza di crescere nell’indipendenza totale, racconta la storia dei primi anni del Novecento dei kibbutzim israeliani, aziende agricole un tempo di stampo socialista che sperimentavano la vita collettiva cercando di rivoluzionare i cardini della società.

Una selezione davvero unica per la sezione dei documentari del PKF 2013, segno evidente della sempre maggiore qualità dei prodotti non di finzione, premiati da una crescente attenzione non solo mediatica. Tre i documentari presentati, alcuni dei quali con una doppia proiezione. Primo fra tutti I Guardiani d’Israele – The Gatekeepers, di Dror Moreh, distribuito in Italia da I Wonder in collaborazione con Unipol Biografilm Collection. Un film che ha fatto discutere, non solo in Israele: sei ex capi dei servizi segreti israeliani, lo Shin Bet, raccontano per la prima volta la loro verità. Un racconto dietro le quinte sul conflitto che ha insanguinato il Medioriente. Rifiutando lo schermo del segreto di Stato, i sei protagonisti  svelano un racconto diretto, brutale, a tratti terrificante nella sua cieca logica della “ragione superiore”. Le interviste, alternate a rari materiali d'archivio, formano una contro-storia in cui l'autorevolezza dei protagonisti non lascia illusioni: anche i crimini e il sangue sono parte di un disegno che prosegue con ostinata coerenza dal 1948. Quindi è la danza contemporanea israeliana ad essere protagonista di Let’s dance, di Gavriel Bibliovic, che racconta, con interviste ai più celebri coreografi israeliani e materiale d'archivio e video-danze, l’influenza tedesca e americana e il successo nei teatri di tutto il mondo di questa danza raffinata. Infine, scelto come film d’apertura del festival, The flat, di Arnon Goldfinger. L'appartamento al terzo piano di un edificio stile Bauhaus a Tel Aviv è sempre appartenuto ai nonni del regista, immigrati in Palestina dalla Germania. Dopo la morte del nonno, i membri della famiglia si radunano per sgombrare l’appartamento pieno di memorie. Alcuni oggetti danno lo spunto al regista per iniziare una ricerca che si snoda tra i due Paesi, con l’obiettivo di capire perché i suoi nonni abbiano mantenuto prima, ma anche dopo la Shoah, rapporti di stretta amicizia con una famiglia tedesca e forse persino nazista. Il documentario, distribuito nei cinema israeliani e tedeschi, si è aggiudicato il Primo Premio al Festival di Gerusalemme, il Premio dell'Accademia israeliana e il Primo Premio al Bavarian Film Award.

Per la sezione Percorsi Ebraici, alla presenza dei rispettivi registi saranno presentati due documentari in lingua italiana: il primo,  Birobidzhan – La musica dell’anima, prodotto dalla Radiotelevisione svizzera è diretto da Matteo Bellinelli, che sarà presente alle due proiezioni del 4 e del 5 novembre, quest’ultima alla presenza anche di Katia Tenenbaum. La Terra Promessa esiste? Per molti si trova nell’ultimo lembo dell’Estremo Oriente russo, oltre la Siberia, in Birobidzhan, a lungo definita “la prima Israele”, dove Stalin, nel 1932, fondò l’omonima Repubblica Autonoma Ebraica, ideata per accogliere tutti quegli ebrei russi che volessero vivere, più o meno volontariamente, su di una “loro” terra, secondo ideali e valori consoni alla propria storia, tradizioni e lingua, lo yiddish, che si parla ancora a Birobidzhan, a distanza di 80 anni. Quindi, il documentario italiano Il viaggio più lungo: gli ebrei di Rodi, diretto da Ruggero Gabbai, che presenterà il film in sala il 5 novembre, con Marcello Pezzetti, Direttore Scientifico del Museo della Shoah e Sami Modiano, sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti. Prodotto tra gli altri dal Museo della Shoah di Roma e dal Memoriale della Shoah di Milano Binario 21, racconta come per secoli l'isola di Rodi abbia avuto un'importante comunità ebraica. Durante la Seconda Guerra Mondiale, fino all'estate del 1943, Rodi rimase sotto il controllo del governo fascista italiano, il quale, pur avendo emanato già nel 1938 le leggi razziali, di fatto non mise in pratica nessun atto violento verso la comunità, che non venne pertanto deportata nonostante le incessanti pressioni naziste.  
Tre i lungometraggi presentati dal PKF 2013: Room 514, lungometraggio d’esordio low budget di Sharon Bar-Ziv, che sarà presente alla proiezione (3 novembre) e che racconta di una determinata, giovane investigatrice che si confronta con un ufficiale dell’esercito accusato di avere oltrepassato i limiti della sua autorità. Un film realistico, claustrofobico e sincero che non esita a guardare dritto negli occhi la complessa realtà israeliana, dove non è sempre facile distinguere il bene dal male. Quindi, The Ballad of Weeping spring, di Benny Torati, la storia dei componenti di una band leggendaria, l’Ensamble Turquoise, separati da una tragedia automobilistica, che si riuniscono per suonare un emozionante concerto di addio a uno dei membri  del gruppo. Terzo lungometraggio presentato, Six Acts, opera prima di Jonathan Gurfinkel , scritto da Rona Segal (entrambi premiati al Festival di Haifa), uno sguardo realistico e crudele sul comportamento di una gioventù viziata e perduta nella storia della liceale Gili, che, determinata a migliorare il proprio status sociale, inizia a spingersi oltre i propri limiti negli incontri con gli uomini.
Il secondo Omaggio del festival è dedicato a due registi, Michal Brezise e Oded Binnum, diplomati alla Sam Spiegel Film Institute di Gerusalemme, di cui saranno presentati due cortometraggi firmati a quattro mani. Il primo, Lost paradise, che ha finora raccolto oltre cinquanta premi internazionali è la storia di una coppia che passa una notte d’amore in un hotel. Quindi, Aya, interpretato da Sarah Adler e Ulrich Thomsen è la breve storia di un musicista danese che arriva all'aeroporto di Tel Aviv, dove incontra una donna che si fa passare per la sua autista. Inizia così un viaggio in auto verso Gerusalemme tra due sconosciuti…
Location del PKF 2013 le due sale della Casa del Cinema, per tutte le proiezioni dal 2 al 5 novembre, mentre solo per le proiezioni dell’ultimo giorno del festival, mercoledì 6 novembre, il festival si sposta in zona Trastevere, presso il Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani (via Arco de’ Tolomei, 1).
INGRESSO GRATUITO FINO A ESAURIMENTO POSTI
Informazioni
Tel. 06 5800539
www.pitiglianikolnoafestival.it
PKF@pitigliani.it

sabato 26 ottobre 2013

LEO GULLOTTA in:PRIMA DEL SILENZIO- Recensione

TEATRO ELISEO
22 ottobre2013 | 17 novembre 2013

LEO GULLOTTA
in
PRIMA DEL SILENZIO
di Giuseppe Patroni Griffi
Regia di FABIO GROSSI
con  EUGENIO FRANCESCHINI
e le apparizioni di
SERGIO MASCHERPA e ANDREA GIULIANO
e con l’apparizione speciale di
Paola Gassman
video LUCA SCARZELLA - musiche GERMANO MAZZOCCHETTI - disegno luci UMILE VAINIERI - risoluzione scenica LUCA FILACI - disegno audio FRANCO PATIMO - regista assistente MIMMO VERDESCA

Sarà in scena al Teatro Eliseo dal 22 ottobre al 17 novembre 2013, LEO GULLOTTA in PRIMA DEL SILENZIO di Giuseppe Patroni Griffi, per la regia di FABIO GROSSI. In scena Eugenio Franceschini, e le apparizioni di Sergio Mascherpa e Andrea Giuliano e con l’apparizione speciale di Paola Gassman.
CONSIDERAZIONI DEL REGISTA

Raccontare in poche righe quelle che sono le progettualità di un regista che si confronta con un testo, non è mai cosa semplice. Certo è che, appena ci si predispone alla composizione, le parole escono facilmente davanti a soggetti così  preziosi.
Il testo di questo nuovo progetto è PRIMA DEL SILENZIO di Giuseppe Patroni Griffi.
Non si può di certo negare che tra le parole di Patroni Griffi, le sensazioni, i concetti, i sentimenti, le provocazioni, sanno come esaltarsi e completarsi, e che il pensiero di trasporle è fluido e gratificante.
Scritto negli anni ’70, il testo risulta ancor vivo per tematiche e concetto .
La storia racconta le scelte, pur’ anche rivoluzionare per la casta che lo ha inglobato per tutta la sua vita precedente, di un uomo , del quale non ci viene fornito il nome. Probabilmente questo poco importa alla risoluzione della vicenda, a mio discernimento l’autore, ad arte e tramite l’espediente, ha voluto rendere universale la faccenda.
Quello che leggo, con gli occhi di un uomo che vive il XXI secolo, Era questa di grande modernità, dove la comunicazione, attraverso apparati di nuova costruzione, è molto più facile ed immediata, fa sì che intraveda e consideri, attraverso il protagonista, un disagio sociale legato soprattutto alla comunicazione della parola scritta, della Poesia. Fantastica la scena finale dell’opera, dove il nostro LUI, circondato da pagine di libri, afferra “la parola” che gli svolazza attorno, in una ideale caduta libera, declamandone la realtà, in essa contenuta.
Ma per arrivare a questa, il travaglio assume le fattezze di un incubo, con l’apparizione dei fantasmi della sua vita: la famiglia, affrontata attraverso il personaggio de LA MOGLIE , come un’entità vorace e ricattatoria: la casta, rappresentata dal personaggio de IL FIGLIO, con i suoi orpelli e contributi piccolo borghesi; il dovere,  materializzatosi attraverso il personaggio del CAMERIERE, che coartizzante,  attraverso il senso di colpa, costringe e castra.
L’unica vicenda che realizza e tranquillizza il protagonista è quella che vive, nel suo contemporaneo, con IL RAGAZZO . Questa , pur’ anche vampireggiante, è linfa pura e vivificante durante l’incubo che egli vive. Ma anch’essa terminerà, come conclude la vita di un uomo, il quale abbandonato dai suoi stimoli si richiude nella sfera della parola, come ultima spiaggia di un inevitabile tramonto che chiuderà un percorso permeato dalla Poesia con la Poesia stessa.
Il Nostro spettacolo si svolgerà attraverso la presenza in scena del protagonista e del suo co-protagonista, mentre  gli autori del percorso sensoriale del Nostro LUI, assumeranno essenza digitale: appartenendo la Nostra rappresentazione ad un’era atta al virtuale, anche l’incubo assume la forma d’un etere affollato di ricordi, passioni, depressioni e angosce.
Tutti i Nostri, vestiranno l’essenzialità del ruolo: un Uomo, durante la considerazione della sua vita, abbandona orpelli, inventati per giustificare realtà distorte.
Un racconto tecnologico per una sensazione assoluta.
Ma la Poesia avrà sempre e comunque la sua centralità vivificante.
FG





Leo Gullotta artista poliedrico, capace di mille sfaccettature ci regala, un' interpretazione degna di nota del testo di Patroni Griffi "Prima del silenzio". Un uomo di cultura appositamente innominato, scappa dalle convenzioni, fugge da quel mondo che sente lontano da se e che lo soffoca, va verso l'inconnu. Lo troviamo in mare aperto su di una piccola imbarcazione a remi con un ragazzo. L'uomo  è un mare di parole, parole travolgenti, ben descritte dalla scenografia: proiezioni di mare nè in burrasca nè calmo, sembrerebbe un mare mediatativo. La ritrovata libertà dell'uomo viene turbata da delle apparizioni, a cui lui cerca di non dare peso, ma che lo incalzano per riportarlo alla realtà, la sua fuga è stata scoperta, ce il rischio che lo abbiano localizzato, o peggio che le cose che lui aveva volutamente lasciato in sospeso, vengano organizzate da altri contro la sua volontà.
L'uomo scaccia le apparizioni e si ritrova solo con il ragazzo, che in realtà non lo comprende, basta con tutte queste parole, ti prego, ti prego di stare zitto! Queste sono le parole più dure che il ragazzo dice all'uomo. Conflitto generazionale, gli adulti che vogliono evitare gli errori ai più giovani che invece hanno bsiogno di compierli..gli stessi o altri.
Il "teatro di parola" questo si compie con Il testo di Patroni Griffi: la parola è vita!
Miriam Comito

















LEO GULLOTTA – l’interprete

Diviso tra teatro, cinema, varietà e fiction televisiva, la caratteristica più immediata nell’arte di Leo Gullotta è la poliedricità, vissuta come moltiplicazione espressiva.
Essa non è solo frutto di una padronanza tecnica formidabile o di naturale predisposizione ad affrontare diversi codici interpretativi, è anche il risultato di una vera e propria scelta di vita, di una curiosità inesauribile per le varie esperienze dello spettacolo, di una generosità umana e professionale che lo porta a superare i confini delle specializzazioni e delle formule e a frequentare piuttosto i territori delle contaminazioni.
Senza indulgere a snobistiche classifiche di merito, il varietà televisivo, il cabaret, la pubblicità e il doppiaggio sono stati per Leo Gullotta impegni artistici da affrontare con l’altrettanta serietà dei film di Giuseppe Tornatore, Nanni Loy, Ricky Tognazzi, Maurizio Zaccaro o il grande teatro di prosa di Luigi Pirandello, William Shakespeare, fino a Giuseppe Patroni Griffi, diretto da Fabio Grossi, collezionando negli anni grandi successi al botteghino e numerosi e prestigiosi premi, dai tre David di Donatello ai quattro Nastri d’argento, senza dimenticare tra i tanti altri, il premio Flaiano per il teatro e il premio De Sica alla carriera. Riconoscimenti meritati, in una carriera lunga 53 anni, vissuta con vigile intelligenza, senza tradire frenesie e ansie di successo, ma con una simpatia umana e una voglia di esserci e regalare emozioni, che non accennano a diminuire.

FABIO GROSSI – il regista

Debutta come attore in teatro nel 1977, lavorando in seguito, in cinema, televisione, radio, passando per il doppiaggio e la pubblicità. Ha collaborato con alcuni dei più importanti registi italiani: in teatro da Ronconi a Puecher, da Fenoglio a Nanni a Navello, in cinema da Nanni Loy a Paolo Sorrentino, fino a Renzo Martinelli. Negli ultimi anni, pur continuando la professione d'attore, i suoi interessi si sono rivolti alla drammaturgia e alla regia teatrale, firmando, dal 2004, numerosi spettacoli di prosa di grande successo di pubblico. Con l’antesignano “Prima della Guerra”, ricordiamo “L’Uomo, la Bestia e la Virtù” e “Il piacere dell’onestà” di Luigi Pirandello, interpretati da Leo Gullotta e prodotti dal Teatro Eliseo di Roma, e "La Commedia degli Errori" di William Shakespeare al Globe Theatre di Villa Borghese, sotto la direzione artistica di Gigi Proietti. Negli anni a seguire, saranno ancora due commedie shakespeariane a regalargli nuovi grandi successi. Firma la regia de “Le Allegre Comari di Windsor” e “Sogno di una Notte di Mezza Estate”, che vedono sempre Leo Gullotta nelle vesti di grande interprete protagonista. Importante e proficua è anche la sua attività di drammaturgo: “Ecce Homo”, “Figlio di madre vedova”, “In ogni vita la pioggia deve cadere”, “Gender Gangup Here”, “Lapilli” e “L’enigma dell’amore”, sono alcuni dei testi da lui scritti e poi portati in scena. L’ultimo grande progetto che lo vede impegnato è “Prima del silenzio” di Giuseppe Patroni Griffi, che inaugurerà la stagione 2013/2014 del Teatro Eliseo con protagonista Leo Gullotta. Infine, è ideatore e regista di un film-documentario, di prossima uscita, intitolato “Un sogno in Sicilia”, che affronta, attraverso le esperienze di quattro giovani attori, l’attuale situazione artistica/occupazionale giovanile.


GIUSEPPE PATRONI GRIFFI (1921-2005)
La vera passione di Patroni Griffi fu la scrittura, con essa il teatro. Nonostante questo non volle essere omologato alla comunità dei teatranti della quale non condivise spesso i contenuti e i comportamenti. La sua scrittura teatrale era in grado di segnare un  “legame imprescindibile con la natura stessa degli attori e della scena cui essa è destinata”. Questo accadeva poiché per Patroni Griffi la drammaturgia era l’arte sopraffina, superiore a tutte le altre, dove la difficoltà maggiore consisteva nel descrivere appieno un personaggio in poche righe, renderlo comprensibile.
La sua capacità analitica era mossa innanzitutto dal suo amore per il teatro e dalla sua sensibilità, che cercava di essere il punto di partenza per arrivare al pubblico, per creare un’attività teatrale di spessore intellettuale e civile, muovendo dalla realtà di emarginazione che conosceva bene, con una lucidità coraggiosa dalla quale si evinceva tutta la sua preparazione culturale, che lo portava a trattare temi d’attualità per la prima volta nel Novecento.
La spinta definitiva al suo debutto come drammaturgo la ebbe nel momento dell’incontro con una compagnia adatta a  rappresentare i suoi lavori, a divenire fonte delle sue ispirazioni: la Compagnia dei Giovani.

Prima del silenzio fu rappresentata nel 1979 per la prima volta al Teatro Eliseo di Roma, per la regia di Giorgio De Lullo e con Romolo Valli, Fabrizio Bentivoglio, Fulvia Mammi, Franco Scandurra e Matteo Corvino. Si consacrava la forza della parola, nella quale Patroni Griffi aveva tanto creduto, per rappresentare il binomio tra la generazione adulta, che scontava gli errori del passato e quella dei giovani, con gli errori del futuro.
____________

Opere di Giuseppe Patroni Griffi
Teatro:
Giuseppe Patroni Griffi scrisse nel 1958 D’amore si muore, per e con i “Giovani”, che vide la sua prima rappresentazione al Teatro La Fenice di Venezia il 25 giugno del 1958, al XVII Festival Internazionale della prosa. La regia fu curata da Giorgio De Lullo, le scene da Pier Luigi Pizzi. Le musiche erano di Lelio Luttazzi. La compagnia, oltre a Rossella Falk, Elsa Albani e Giorgio De Lullo, era composta da Annamaria Guarnieri, Romolo Valli, Umberto Orsini, Gino Pernice, Ferruccio de Ceresa.
Sempre nel 1958 scrive insieme a Franca Valeri, Vittorio Caprioli e Enrico Medioli la commedia Lina e il cavaliere.
Un’altra opera nata dal sodalizio con la Compagnia dei Giovani fu Anima nera, che inizialmente scritta per essere rappresentata da Marcello Mastroianni, invece impegnato in altri progetti lavorativi.
Rappresentata per la prima volta nel 1960 al Teatro Donizetti di Bergamo per la regia di Giorgio De Lullo con Paolo Ferrari, Anna Maria Guarnieri, Rossella Falk, Elsa Albani, Nora Ricci.
In seguito arrivò In memoria di una signora amica, che debuttò, per la regia di Francesco Rosi, nel 1963 al Teatro La Fenice di Venezia, al XXII Festival Internazionale del Teatro di Prosa, interpretato dalla Compagnia Italiana di Prosa con Lilla Brignone, Pupella Maggio e Giancarlo Giannini.
Nel 1967 Patroni Griffi lasciò il segno scrivendo Metti, una sera a cena, il suo più grande successo, definito da De Monticelli la commedia di clan, e introdusse degli elementi nuovamente anticonvenzionali contro il conformismo dilagante.
Fu rappresentato per la prima volta nel 1967 al Teatro Eliseo di Roma per la regia di Giorgio De Lullo con Rossella Falk, Romolo Valli, Elsa Albani, Carlo Giuffrè e Umberto Orsini.
Nel 1974 con  Persone naturali e strafottenti, continuò l’indagine sull’uomo. Proseguiva così il divario tra la scrittura di Patroni Griffi e il movimento di sperimentazione teatrale che dilagava negli anni Settanta in Italia.
Nel 1982 firmò sia testo che regia di Gli amanti dei miei amanti sono miei amanti, con Adriana Asti, e di Cammuriata -canti di malavita - , con Leopoldo Mastelloni.



Cinema:
Nel 1962 Umberto Orsini recitò nella sua prima regia Il mare, che partecipò al Festival del Cinema di Venezia; oggi rivalutato e premiato al London Film Festival.
Nel 1969 tornò alla ribalta con Metti una sera a cena (con Trintignant, Bolkan, Musante, Girardot, e Capolicchio) e Addio fratello crudele nel 1971 con Fabio Testi e Charlotte Rampling.
Nel 1974 firma la regia di  Identikit con Elisabeth Taylor.
Nel 1975 dirige Divina creatura con Marcello Mastroianni, Terence Stamp e Laura Antonelli.
Nel 1985 Patroni Griffi diresse La Gabbia con Musante, Antonelli e Florinda Bolkan.




Ballate, racconti e romanzi:
Nel 1950 compone per la radio la ballata Il mio cuore è nel sud con musiche di Bruno Maderna.
Il 1955 è l’anno dei sui primi racconti: Ragazzo di Trastevere, D’estate con la barca e Un ospite di passaggio.
Nel 1975 pubblicò il suo primo romanzo: Scende giù per Toledo, e nel 1977 Gli occhi dei giovani, una raccolta di racconti.
Nel 1983 scrisse D’estate con la barca.
Nel 1987 arrivò anche la stesura di un altro romanzo: La morte della bellezza.
Il 1992 fu un anno molto intenso per Giuseppe Patroni Griffi, la sua versatilità diede alla luce il romanzo Del metallo e della carne
Allium, il suo ultimo romanzo fu pubblicato nel 2001.









Tournée Prima del Silenzio

Dal 15 al 17 ottobre Teatro Masini di Faenza
Dal 22 ottobre al 17 novembre Teatro Eliseo di Roma
Dal 20 novembre al  1 dicembre Teatro Mercadante di Napoli
Dal 10 al 15 dicembre Teatro Nuovo di Verona
Dal 4 al 5 gennaio Teatro Della Fortuna di Fano
Dal 7 al 12 gennaio Teatro Verdi di Padova
Dal 14 al 16 gennaio Teatro Fraschini di Pavia
Dal 22 gennaio al 2 febbraio Teatro Franco Parenti di Milano
Dal 4 al 9 febbraio Teatro Carignano di Torino
Dal 13 al 16 febbraio Teatro Diego Fabbri di Forlì












TEATRO ELISEO
via Nazionale, 183 00184 Roma
T.(centralino) 06 488 721
T.(botteghino) 06 4882114 | 06 48872222
ORARI : martedì, giovedìvenerdì ore 20,45; mercoledì e domenica ore 17 (mercoledì 13 novembre ore 20,45). sabato ore 16:30 e 20:45 (sabato 26 ottobre solo ore 20,45)

Settore Intero Ridotto1 Ridotto2 Ridotto3
platea 33 €* 26 € 21 € 16 €
balconata 29 € 24 € 19 € 15 €
I galleria 18.50 € 16 € 15 € 13 €
II galleria 13 € 11.50 € 10 € 9 €
* platea per le Prime: 47 €
ridotto
1: convenzioni e under 60
non valido alle Prime in platea
ridotto2: under 30 e gruppi adulti (min 10)
ridotto3: gruppi scuola (min 10 persone)