domenica 3 aprile 2016

SISTEMA CECHOV: ZIO VANJA Recensione

ARGOT STUDIO
Argot Produzioni
29 marzo | 10 aprile 2016
Sistema Cechov: ZIO VANJA
 di Anton Cechov
un progetto di Uffici Teatrali
con Ermanno De Biagi è Aleksandr Serebrjakov, Alessandro Federico è Michail l'voviè Astrov, Paolo Giovannucci è Ivan Petroviè Vojnickij, Matteo Quinzi è Il'ja Il'iè Telegin, Emanuela Rimoldi è Sof'ja Aleksandrovna (Sonja), Chiara Tomarelli è Elena Andreevna
regia Filippo Gili
scene Francesco Ghisu
costumi Daria Calvelli
foto locandina Fabio Lovino



ZIO VANJA  per la regia di Filippo Gili,  terzo spettacolo di: SISTEMA CECHOV  a cura di Uffici teatrali, porta in scena, una versione attualizzata della celebre opera del drammaturgo russo. Aderente al testo, ma con costumi moderni, operazione possibile grazie ad un testo senza tempo, il cui nucleo fondante è l'immobilità umana che se era propria della Russia ante rivoluzione, lo è purtroppo e in modo preponderante ai nostri giorni, e rimarrà un evergreen. Lo rimarrà  perchè  l'inanità è una caratteristica umana delle peggiori. Lo zio Vanja interpretato da un bravo Paolo Giovannucci, che riesce benissimo a passare dall'apatia, in cui versa il personaggio, per quasi tutto lo spettacolo, al momento di un accesso di rabbia pura, nella consapevolezza di aver sprecato la propria vita, la propria giovinezza, dietro a un idolo, che non lo era realmente, di non aver avuto il coraggio, a tempo debito, di dichiararsi alla donna amata. Un sistema conchiuso, in se , apatico, funzionante, ma non soddisfacente, in cui lo Zio, insieme alla nipote Sonja si sentivano se non sereni, perlomeno utili, viene sconquassato quando nella tenuta di famiglia torna il vecchio professore padre di Sonja con la seconda e giovane moglie (donna amata da Vanja). La coppia tende a crogiolarsi chi come il professore nella malattia chi come Elena, (una Chiara Tomarelli precisa nelle movenze e nelle espressioni) nella malinconia. L'indolenza pervaderà tutti, se Telegin , ben interpretato da Matteo Quinzi è già di per se un'inattivo che lascia il suo destino al buon Dio, l medico Astrov è diverso, non accetta la piattezza che trova intorno a se, ed  è infatti oggetto dell'amore dei due personaggi femminili. ZIO VANJA  è il testo della sconfitta, la sconfitta di chi non sa cogliere le occasioni della vita al momento opportuno e la lascia scorrere come se fosse infinita, o finita ma senza gioie solo rimpianti, per l'incapacità personale di vivere di luce propria e non riflessa.
Miriam Comito



Dopo Tre sorelle e Il Gabbiano, per il progetto Sistema Cechov a cura di Uffici Teatrali, debutta all’Argot Studio Zio Vanja dal 29 marzo al 10 aprile 2016, per la regia di Filippo Gili.


Zio Vania è la storia di donne e uomini, anche qui come in Tre sorelle, fatti evadere da un’epoca, senza gli strumenti per attraversarne un’altra. La storia di un appellativo che di contorno può essere importante, centralizzato, come non può che esserlo se titolo, diventa ridicolo: zio. La storia di uno zio: della sua viltà, del suo errore, del suo rancore, dalla sua tardiva megalomania. Tutto così di oggi, a pensare quanti di noi, per paura di vivere, affidano alle tasche di un idolo - spesso poi crollato - il portafoglio della propria gloria.


Affrontare Zio Vanja significa pescare dal mazzo inesauribile di Cechov altri quattro jolly da infilare in un ecosistema identico a quello di casa Prozorov. Più che mai, anche qui, il Tempo come Chrono, che scardina goccia dopo goccia le aspettative di realizzazione, soffoca il Tempo come Kairos, confonde le topiche della vita in attimi qualsiasi, le annichilisce e le fa fuggire lasciando in una perenne stazione i viaggiatori. E in Zio Vanja, particolarmente, è il fuoco massimo di questa confusione, sì, ma soprattutto il luogo massimo di un perché non fatale, ma vile, di quella fuga mancata, di quel rimanere a terra col peso di eternare non un senso, una ragione, una individualità, ma il punto interrogativo dietro a tutto questo.
Filippo Gili


Filippo Gili diplomato come attore presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” di Roma. Ha recitato diretto da Luca Ronconi in “Besucher” di B. Strauss, ‘Gli ultimi giorni dell’umanità’ di K. Kraus, “La pazza di Chaillot” di J. Giradoux, ‘Misura per misura’ di W. Shakespeare, “Sturm und drang” di F. Von Klinger. Ha diretto i lungometraggi “Casa di Bambola”, “Prima di andar via”, “L'ultimo raggio di luce”, ed è in fase di montaggio “Il gabbiano”. Ha firmato le recenti regie di “Porte chiuse”, da Sartre, “Spettri”, da Ibsen, “Oreste” da Euripide/Bellocchio scritto a quattro mani con Marco Bellocchio. All'interno della stagione #Argot30 con la compagnia Uffici Teatrali ha messo in scena “Sistema Cechov: Tre sorelle | Il Gabbiano”. Tratta da una messa in scena di Francesco Frangipane, una nuova versione del suo “Prima di andar via” è stata girata (e presto sarà in uscita al cinema) da Michele Placido




Teatro Argot Studio
Via Natale Del Grande, 27 | 00153 Roma
dal martedì al sabato ore 21.00 – la domenica ore 17.30
biglietti: 12 euro; 10 euro; 8 euro
tel | fax 06/5898111 mobile 392 9281031
email info@teatroargotstudio.com
tessera associativa obbligatoria comprende sconti e offerte consultabili sul sito
www.teatroargotstudio.com

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