HAMLETOPHELIA
da William Shakespeare e Heiner Muller
drammaturgia e regia Luca Gaeta
con Massimiliano Vado, Salvatore Rancatore, Camilla Petrocelli
Costumi e scene Laura Di Marco
Video Oberdan Mancini
Assistente regia Sofia Pasquali, Alessia Ferrero
Movimento scenico Giulia Avino
Foto Beniamino Finocchiaro, Matteo Nardone
Foto Locandina Paoloreste Gelfo
Organizzazione StartLab
Un ringraziamento speciale al Museum of Dreamers e al Laboratorio Arti Sceniche di
Massimiliano Bruno
DAL 20 AL 23 DICEMBRE
TEATRO LO SPAZIO-ROMA
Va in scena dal 20 al 23 dicembre al Teatro Lo Spazio, HAMLETOPHELIA, spettacolo
diretto da Luca Gaeta e interpretato da Massimiliano Vado, Salvatore Rancatore, Camilla
Petrocelli.
In una stanza dei giochi, uno strano psicopompo, una rockstar, una groupie si aggirano tra le
pieghe di questo strano tipo di inferno. E’ uno spettacolo dalla morte cronologica, in un aldilà
ispirato a quello di Sartre di “A porte chiuse” il fool Yorick, tra musiche clownesche che
sottoscrivono il suo mondo, attende paziente l’arrivo dei due suoi ospiti. La prima a morire nel
testo di Shakespeare, dopo il buffone di corte, è la bella Ofelia che entra in scena avvolta da un
fiume blu. Si risveglia come una novella Euridice in questo Ade, questo oltretomba che
ripulisce i nostri peccati nell’attesa del risveglio. Qui racconta al suo ospite di perché si sia
tolta la vita e delle delusioni patite nel mondo dei vivi. Ultimo entra in scena da una
vasca/sepolcro Amleto, avvolto in un lenzuolo di un pallore divino. Insieme a Yorick, anche
nella morte cerca di sfuggire alle sue responsabilità e disgustato di quanto non riesce a
cambiare torna a morire nella sua bara. Ofelia è l’unica sana in morte, tanto da riuscire a
riscattarsi dalla sua vita accettando l’aldilà da donna a libera. Yorick espiate le sue colpe è
pronto per tornare nel mondo.
NOTE DI REGIA
Il concetto di negazione del presente e rifugio nel giardino del ricordo, tramite l’utilizzo
dell’immagine simbolica più forte del teatro moderno, AMLETO; per esprimere la difficoltà o
la fuga dalle responsabilità. Il protagonista è chiuso nella sua noce, che viene rappresentata
idealmente dalla sua camera mediante l’utilizzo di oggetti, odori, sapori che evocano l’infanzia
e lo stato infantile che avvolge il protagonista.
Come fosse chiuso nella propria stanza da adolescente con dei giochi per scappare dal mondo;
e come nelle stanzette dei bambini moderni tutto è acceso, attivo: siete mai entrati nella
stanza di un bambino!? C’è la tv, la radio, il computer, i giocattoli…tutti accesi…tutti nello
stesso momento…tutti inutilizzati…perché la noia ci invade già da piccoli, quando dobbiamo
scegliere con cosa giocare…allora consumiamo tutto in una bruciante Nausea.
OPHELIA compagna di viaggio nella follia del protagonista è la vittima sacrificale perché
innocua e bella come una bambola dal tragico destino; nella visione malata del protagonista
viene distrutta in quanto possibile peccatrice perché potenziale male, il complesso edipico
colpisce come una scure.
L’origine dei mali di AMLETO si nasconde quindi nell’infanzia, dove un unico personaggio
aveva accesso alla sua serenità, il buffone di corte YORICK; il giocattolo mancante che con una
sorta di flash-foward dall’aldilà passato ci racconta l’esistenza ancora da compiere e i perché
irrisolti del protagonista.
La rappresentazione prevede varie forme d’arte che contemporaneamente si uniscono e
sostengono tra loro: il teatro, la video-arte, la pittura, la musica, proprio per esasperare il
concetto di possibilità di scelta, cosa sono?…cosa faccio? E rafforzare così la fuga da essa. Ma
anche per segnare, proprio nel senso fisico (con il tratto pittorico), e così fissare la storia;
come chiede il protagonista scespiriano alla fine del dramma al suo amico:
“..Orazio, muoio.
Tu vivi; e riferisci onestamente
della mia causa tutto quanto il giusto,
a chi vorrà saperlo.
Mio buon Orazio, qual nome macchiato
vivrà di me, se questi avvenimenti
avessero a rimanere ignoti!
Se m’hai tenuto nel tuo cuore, Orazio,
tieniti ancor lontano, per un poco,
dalla gioia suprema del trapasso,
e seguita su questo duro mondo
a respirare ancora il tuo dolore
per raccontare ad altri la mia storia.”
Il testo è ispirato dall’ AMLETO di W.Shakespeare dall’HAMLETMACHINE di H.Muller. Tre
attori, che si dividono nell’uso di diverse forme di arte, V.J. e pittura come nei giochi tra
bambini. Mentre recitano si riprendono in diretta e le immagini trattate e proiettate (live) su
una grande tela dove il pittore disegna seguendo l’ispirazione delle immagini, delle parole,
della fantasia in una sorta di estemporanea. Donando, contestualmente, un valore più ampio
allo spazio scenico che verrà utilizzato; l’esplorazione esteriore è simbolo di quella che fa il
protagonista su se stesso e proprio per questo la critica è concorde nel definire
AMLETO il primo personaggio moderno del teatro.
L’introspezione interiore viene eseguita anche all’esterno, come per sondare nelle nostre
profonde pieghe dell’anima, e gli attori sono come dei piccoli bambini che frugano nel mondo
dei grandi con la loro innocenza, anche quando essa è perduta per sempre. Le scene evocano
tutti oggetti (bambole, biglie, macchine giocattolo), odori (ciliegie, latte e mele), sapori
(caramelle e cioccolatini) cari ai bambini, figure che i protagonisti utilizzano come accesso alla
chiave di lettura della loro follia. Teatro-videoarte-pittura: tre movimenti artistici nello stesso
tempo quasi a moltiplicare l’effetto dell’isolamento sui protagonisti. Un viaggio alla ricerca
dell’infanzia perduta attraverso la visione, nel presente, dell’espressività del segno artistico e
della sua forza emotiva.
L’utilizzo della pittura, video-arte e teatro per richiamare nella nostra mente immagini,
sensazioni, sapori, odori nascosti nelle pieghe della memoria; il periodo dell’infanzia che, con
tutte le sue gioie e paure, è ancora il crocevia del nostro presente. La reiterazione del tempo
che fu; la sindrome di Peter Pan come elemento che contraddistingue l’odierna generazione;
non un viaggio nell’infanzia, ma più una fuga come regressione emotiva indotta dall’arte, un
salto verso le fantasie e paure di un tempo ma con gli occhi del presente.
“L’uomo rinchiuso nel suo kindergarten, nel sogno infinito dell’infanzia dove tutto è scelto;
nessuna scelta, nessuna responsabilità. La negazione del destino, che come un fantasma
futuro, lo pone davanti alla crescita. La distruzione dell’amore che lo richiama al
cambiamento. Il rifiuto della donna, innamorata o madre che sia, condannata per il peccato
che è nel suo grembo; la vita. La follia nata dal deserto emotivo che porta alle estreme
conseguenze, la morte.”
HAMLETOPHELIA
Dal 20 al 23 dicembre
ore 21.00
Biglietti: 15 euro – ridotto: 12 euro
(bar aperto per aperitivo dalle 20.00)
Teatro Lo Spazio
Via Locri 43, Roma
informazioni e prenotazioni
339 775 9351 / 06 77204149
info@teatrolospazio.it
Ufficio Stampa
Maresa Palmacci tel. 348 0803972; palmaccimaresa@gmail.com
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