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martedì 17 giugno 2014

DOMINIO PUBBLICO OFFcine 2014 VINCE IL DUO BARTOLINI/ BARONIO CON "PASSI"

DOMINIO PUBBLICO OFFicine 2014:
VINCE IL DUO BARTOLINI/BARONIO CON “PASSI”

Si è conclusa venerdi 13 giugno 2014 la prima edizione di Dominio Pubblico OFFicine, un po’ festival, un po’ premio di produzione. Quattro serate. Sedici artisti in scena. Oltre 1.600 ingressi singoli agli spettacoli. 1 premio di produzione. 

Vince in grande maggioranza il duo romano Bartolini/Baronio, qui alla sua quinta produzione, dopo La caduta, Tu_Two, Carmen che non vede l’ora e RedReading. Quella della produzione di spettacoli è un’attività che il duo ha costantemente accompagnato a un intenso lavoro di pedagogia teatrale, che li porta a elaborare vari progetti di formazione nei licei, nelle biblioteche, nelle periferie. Il loro studio per lo spettacolo Passi è stato premiato dalla giuria di Dominio Pubblico OFFicine a grandissima maggioranza. Si tratta di una confessione autobiografica dolente, ma anche fortemente appassionata. La drammaturgia parte dal racconto di un difetto fisico al piede per farne occasione di indagare inadeguatezze e frustrazioni di una bambina che poi si fa donna. La giuria ha apprezzato la capacità di scandagliare un argomento tanto profondo e intimo combinata con una costruzione scenica semplicissima e artigianale che però riesce a essere visionaria e affascinante. Intensa la prova interpretativa di Tamara Bartolini che compie con questo spettacolo un deciso avanzamento nel suo già interessante percorso di autrice-attrice. Un primo studio dello spettacolo Passi era già stata finalista al Premio Dante Cappelletti 2011 e semifinalista al Premio Lia Lapini 2011. Poi, la compagnia aveva interrotto il progetto per mancanza di un investimento produttivo minimo che ne permettesse la prosecuzione. Ecco che dunque Dominio Pubblico permette il completamento di questo lavoro. Infatti, i vincitori di Dominio Pubblico OFFicine avranno un periodo di dieci giorni di residenza presso Kilowatt a Sansepolcro; una circuitazione di due date a cachet nei circuiti ATCL del Lazio + una terza data, sempre a cachet, presso Arté Teatro Stabile di Innovazione di Orvieto; infine, saranno inseriti nella programmazione di Dominio Pubblico 2014/2015. 

Selezionate dalla direzione artistica tra oltre 200 domande pervenute, le 16 compagnie finaliste di Dominio Pubblico OFFicine provengono da tutta Italia (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Sicilia) e sono tutte formate da giovani professionisti, impegnati da anni tra le più diverse forme di espressione performativa, tra il teatro d’innovazione e la danza contemporanea.  La giuria era composta da 10 spettatori Under 25 (tra i partecipanti al progetto omonimo interno a Dominio Pubblico), 10 spettatori Over 50 (della Casa dello Spettatore di Giorgio Testa), 4 direttori artistici di Dominio Pubblico (Luca Ricci, Francesco Frangipane, Fabio Morgan, Tiziano Panici) e 1 membro di ATCL. La giuria si è riunita al termine dell'ultimo spettacolo in gara, rilevando la buona qualità dei 16 studi proposti, che disegnano un panorama estremamente confortante per il futuro della produzione teatrale e coreografica nazionale.

Dominio Pubblico OFFicine chiude così la stagione congiunta dei teatri romani Argot e Orologio, iniziata l’8 ottobre 2013, e proseguita per tutto l’anno con 77 compagnie in scena (sommando la stagione ufficiale, la Settimana degli Under 25 e Dominio Pubblico OFFicine), 126 giornate di programmazione e poco più di 10.000 biglietti staccati. Numeri importanti, ottenuti con un progetto che ha puntato con decisione sulla qualità degli spettacoli, tutti orientati ai nuovi linguaggi del contemporaneo.

domenica 2 febbraio 2014

MA L'AMOR MIO NON MUORE_ cronache pasionarie

Giovedi 6 Febbraio ore 21,00 



 Carrozzerie | n.o.t. 
Via Panfilo Castaldi 28/a Roma

369gradi, Sycamore T Company, Carrozzerie | n.o.t
presentano

RedReading#5 
MA L'AMOR MIO NON MUORE_cronache pasionarie
dal libro La Miliziana di Elsa Osorio (ed. Guanda)

di e con TAMARA BARTOLINI/MICHELE BARONIO
e con la partecipazione di Danila Massimi
suono Teo Pizzolante 

Cronache pasionarie_ospiti:
Franca Raponi (scrittrice, figlia del partigiano Agostino Raponi)
Cristina Guarnieri (direttrice editoriale Editori InternazionaliRiuniti)
Giulia e Natalia del Csoa La Strada 

La Passione per me_cronache di:
Stella Isoli, Maria Sole Vuličević, Giulia Lazzarelli, Eva Meskhi, Sara Mafodda
(giovani ragazze tra i 13 e i 18 anni della “Compagnia | n.o.t.”)  

Dalle 19,00 nel foyer_Pratiche appassionate: 
Cronache a cura di Terranullius per il RedReading#5. Illustrazioni di Veronica Leffe, testi di Pier Paolo Di Mino
Installazione fotografica “Zitta Cassandra!” dell’artista e filmaker Aude Fourel



Ma l’amor mio non muore è il titolo di un film muto del 1913 del regista Mario Caserini in cui la protagonista vive passioni tragiche alla Madame Bovary, ed è anche il titolo di un libro del 1971 che quasi rischiò il sequestro per il racconto eretico su quella stagione di rivolte politiche ed esistenziali. Con il quinto RedReading, prendiamo a prestito questo titolo, senza parlare del film o del libro in questione, ma lasciando che un po’ della passione di quell’eroina e un po’ della sovversione di quel libro irriverente, si mescolino con le atmosfere delle nostre cronache.
Le cronache pasionarie che presentiamo sono la testimonianza di forza e di passione nell’amore, come quello di Mika Etchebéhère, che insieme al suo compagno Hìpolito, parte dall’Argentina senza saper nulla di strategie militari per andare a combattere nella Spagna della Guerra civile, ritrovandosi poi, suo malgrado, a imbracciare il fucile, vincendo le diffidenze degli uomini e conquistandosi la stima, l’appoggio incondizionato dei suoi miliziani, e diventando così “La Capitana”.
E’ Elsa Osorio che ha riportato alla luce questa donna straordinaria dimenticata dalla storia ufficiale. L’ha fatto, come scrive lei stessa, nel delirio di una missione
La sua storia è costellata dalle testimonianze di altre donne con cui abbiamo deciso di condividere questa serata:
Franca Raponi, scrittrice e figlia di due partigiani Agostino Raponi e Giuseppina Bocci, che ci ha regalato un libro importante come “Scintilla nella Resistenza romana”.
Cristina Guarnieri direttrice della casa editrice Editori Riuniti, una vita dedicata ai libri e alla ricerca della verità, con il suo impegno costante nei confronti della storia dei desaparecidos argentini.
Giulia e Natalia del Csoa La Strada, spazio storico del quartiere Garbatella di Roma, due giovani e appassionate donne che costruiscono ogni giorno pratiche di democrazia partecipata.
E le giovanissime ragazze della Compagnia | n.o.t. che con grande passione “fanno il teatro” dentro lo spazio Carrozzerie | n.o.t. che ha aperto grazie alla forza di un sogno e che nuovamente ospita la compagnia.

Nel foyer di Carrozzerie dalle 19,00 altri interventi.
Terranullius che partecipa al RedReading raccontando cinque ritratti di donne, cinque cronache di altre pasionarie (Ipazia, Giovanna D’Arco, Cristina Di Belgioioso, Simone Weil, Josephine Baker) attraverso le illustrazioni grafiche di Veronica Leffe e i testi di Pier Paolo Di Mino e l’artista e filmaker Aude Fourel che con la sua installazione fotografica “Zitta Cassandra!”, ci fa entrare dentro le sue immagini silenziose.     

RedReading ha la forma di uno spettacolo, di un programma teatrale, radiofonico, televisivo.
E’ un lungo e intenso viaggio sentimentale nella narrazione dei nostri anni.
Un viaggio fra racconti, libri, uomini e donne, eroi e ribelli.
Un viaggio itinerante che attraversa epoche, corpi, pensieri, riflessioni, attraverso un dispositivo - di narrazioni e riscritture - che lavora sulla memoria e sulla storia.
RedReading racconta la bellezza che c’è dentro l’incontro tra il teatro e la potenza di un libro. L’incontro con la narrazione orale, con quelle storie che sono nate da una comunità, e che proprio attraverso il teatro, a quella comunità, ritornano.
RedReading è uno spazio di prossimità, una traduzione di intimità, in un formato sentimentale, dell’esperienza che per noi ha significato la lettura di quel libro, con i suoi contenuti, forme e linguaggio. Il racconto di cosa ci ha fatto risuonare dentro. Quali ricordi, immagini, riflessioni e ribellioni ha messo in movimento, il nostro modo di leggerlo.
Il RedReading è un format, un progetto che ogni volta è riformulato su un testo e un nuovo parterre di ospiti, ed è essenzialmente un incontro intimo con il pubblico e con il territorio.
RedReading è un idea di Tamara Bartolini che si realizza in collaborazione con Michele Baronio.

Ingresso 7 euro + 3 euro tessera associativa
info e prenotazioni
Carrozzerie | n.o.t. carrozzerienot@gmail.com

venerdì 25 ottobre 2013

Carmen che non vede l'ora

Teatro Argot
dal 22 ottobre al 27 ottobre 2013

Tamara Bartolini/Michele Baronio
CARMEN che non vede l’ora

drammaturgia
Tamara Bartolini

sonorizzazioni, canzoni, musiche originali
Michele Baronio

suono
Michele Boreggi

regia
Tamara Bartolini
Michele Baronio

co-produzione | Residenza
Carozzerie | n.o.t

co-produzione
Sycamore T Company

produzione
Bartolini/Baronio


produzione della prima fase del progetto in forma di Recital
Associazione Cantalavita di Lucilla Galeazzi che ha gentilmente concesso alcune sue canzoni originali


Sarà in scena al Teatro Argot dal 22 ottobre al 27 ottobre 2013, lo spettacolo con Michele Baronio e Tamara Bartolini in CARMEN che non vede l’ora, drammaturgia di Tamara Bartolini; regia di Tamara Bartolini e Michele Baronio.
Facciamo che c’era una volta…un piccolo villaggio della ex Jugoslavia e che da lì inizia il viaggio, si passa per l’Africa, da cui partivano durante la guerra le navi della croce rossa, e poi si arriva a Napoli nei favolosi anni ’60, proseguendo dentro le leggi e i tabù della Basilicata, per scappare in una Roma infuocata dalle contestazioni degli anni ‘70, tra nonni slavi e ladri, mariti violenti, amanti, riunioni politiche, rivolte femministe e il sogno di una stanza tutta per sé e di un lavoro, e sbarcare infine in un piccolo paesino della provincia di Roma davanti al mare…Carmen è così, è una profonda e vertiginosa immersione dentro la storia del nostro paese ma è anche un viaggio alla ricerca di un corpo e del suo posto nel mondo. Carmen è il viaggio di questa donna qualunque che cerca la sua libertà ed è anche il viaggio artistico attraverso un caleidoscopio di formati e linguaggi, per ricostruire una vita che è anche tante vite.


"Carmen non vede l'ora" è uno spettacolo bellissimo, coinvolgente, unificante nella sua varietà di temi. Si  parte da una storia vera quella di Carmen M. che l'autrice del testo ha sapientemente ricostruito attraverso le interviste alla protagonista, le foto dei suoi famigliari, e con l'inserto azzeccatissimo di canzoni, che segnano gli snodi della vicenda. La Bartolini è bravissima nell'interpretazione capace di passare, da un età giovanile a una più matura,  da momenti di estrema euforia, a momenti di riflessione, da quelli di speranza e meraviglia, a quelli di delusione, tutti ingredienti miscelati per arrivare all'attuale consapevolezza. Tutto ciò fa passare allo spettatore una serata allo stesso tempo gradevole e riflessiva.
Miriam Comito





Note di regia di Tamara Bartolini
Carmen che non vede l’ora, prima ancora di tradursi sulla scena, è stato l’incontro con una biografia, con la storia di una donna, Carmen M., incontrata durante uno dei nostri laboratori teatrali.
La storia narrata da Carmen M. durante le lunghe interviste che le abbiamo fatto, ha preso forma attraverso le parole, le immagini, i ricordi e ad un certo punto, la sua storia, ha cominciato a parlare anche di noi, del nostro paese, della società in cui viviamo, delle nostre paure, delusioni, della violenza e delle speranze. Insieme a lei abbiamo allenato una memoria personale - che testardamente pensiamo sia anche collettiva - fino a far diventare, quel racconto, altro da sé.
Abbiamo sperimentato che cadere in una biografia e trasformarla in atto teatrale ha lo stesso valore del pane che arriva sulla nostra tavola. E’ un dono. “Il pane è dono di umanità a se stessa, fatto di cielo, terra, acqua e fuoco.” Questo dono che interrompe solitudini e silenzi, a volte crea quel miracolo in cui il singolo e la comunità tornano a guardarsi, a parlarsi, come in un teatro appunto, come se le parole, gli odori, le immagini, i corpi, fossero un pasto condiviso. Un riappropriarsi della storia, quella privata e quella pubblica, anche per cambiarla, per trasformarla – come scriveva B.Brecht – per  trasformare quella storia che è scritta sui corpi che la fanno quotidianamente, vivendo intanto la loro privata, finita, imperfetta sconosciuta apparentemente inutile, piccola storia. Carmen che non vede l’ora nasce da tutto questo e proprio per questo non è altro che la storia di una persona qualunque che proprio perché narrata si fa universale.

Facciamo che c’era una volta…un piccolo villaggio della ex Jugoslavia e che da lì inizia questo nostro viaggio, si passa per l’Africa, da cui partivano durante la guerra le navi della croce rossa, e poi si arriva a Napoli nei favolosi anni ’60, proseguendo sempre più a sud, dentro le leggi e i tabù della Basilicata, per scappare in una Roma infuocata dalle contestazioni degli anni ‘70, tra nonni slavi e ladri, mariti violenti, amanti, riunioni politiche, rivolte femministe e il sogno di una stanza tutta per sé e di un lavoro, di una scuola nuova, quella scuola pensata come casa, luogo da proteggere perché deputato alla crescita e alla trasformazione della società, e sbarcare infine in un piccolo paesino della provincia di Roma davanti al mare…
Carmen è così, è una profonda e vertiginosa immersione dentro la storia del nostro paese ma è anche un viaggio alla ricerca di un corpo e del suo posto nel mondo, uno scontro con altri corpi, una lotta contro la violenza e la sopraffazione, alla ricerca della libertà.

Carmen è il viaggio di questa donna qualunque che cerca la sua libertà.
Una libertà cercata e ritrovata solo nel momento in cui la parola che non si può dire – stupro – viene finalmente nominata pubblicamente, viene detta. Stupro, inteso non solo come violenza fisica, ma anche, e soprattutto, morale e culturale, vero e proprio programma politico, scheletro del capitalismo, rappresentazione cruda e diretta dell’esercizio del potere. Atto sadico contro chi afferma la propria libertà di scelta, sfregio al piacere condiviso dell'amore, declassato a pura evacuazione/auto-soddisfazione, riduzione della donna a merce, preda, oggetto, essere che va punito perché fragile, inferiore, altro, diverso. Atto di vendetta politica contro chi si ribella al potere che la vuole sempre sottomessa o complice, e poi violenza, quotidiana, familiare, perché la donna accetti la sua subordinazione, storico e naturale destino stabilito. Stupro. Metafora perfetta della nostra società.
Ma Carmen è anche il viaggio di un uomo che cerca il suo corpo e la sua libertà. È la sua presa di coscienza, è la domanda da ritrovare per ritrovarsi, l’urgenza da lanciare, come una rivolta, alla piazza, al pubblico: cosa significa, in questa società, essere un uomo vero?. Significa forse la rinuncia a qualcosa di molto, troppo importante, la rinuncia alla propria identità, alla propria natura, che magari è diversa dall’immaginario che questa società ci propone, ci impone.
La verbalizzazione che si fa corpo e scrittura, un grido che è un canto, un atto di rappresentazione, restituisce ai due universi – maschile e femminile – la consapevolezza che lo stupro ci riguarda tutti, perchè è già dentro la città, tutti abbiamo a che fare con lui sin dalla nostra nascita, per questo Carmen è un viaggio che si fa da soli ma anche insieme, un viaggio che va indietro e che va avanti, un viaggio umano che non vede l’ora di rinominare il non detto, per portare parola, per scoprire che cos’è corpo e che cos’è bellezza, dentro e oltre i generi.

Abbiamo lavorato a partire dalle numerose interviste fatte a Carmen M., le abbiamo ascoltate guardando fotografie di genitori, nonni, bisnonni, abbiamo utilizzato questi materiali come una mappa. La biografia è andata mutando, come materiale vivo nelle mani di uno scultore, lentamente si è tolta – perchè “la scultura si fa a furia di torre” scriveva Michelangelo – e ha lasciato spazio alla sua capacità di deformarsi e trasformarsi, di tradirsi e reinventarsi attraverso l’alchimia dei segni teatrali. Come in un ritratto, abbiamo cercato l’intimità fra chi guarda e chi è guardato, per diventare non solo una testimonianza ma anche una proposta. Così è nata la parola di questo testo, una parola che ha dialogato sin dall’inizio con quella drammaturgia musicale di canti e suoni che ha attinto all’interno delle diverse epoche storiche vissute da Carmen, epoche spesso scandite proprio dalla produzione musicale. Le canzoni, sono parti, snodi del racconto  in relazione con tutti gli altri elementi del testo e della scena.

La ricerca di un dialogo tra il teatro e la musica nasce dal desiderio di continuare a creare sinergie fra i linguaggi e gli artisti, segno forte e riconoscibile in tutte le nostre produzioni in cui, più volte, abbiamo sperimentato collaborazioni proprio guardando al teatro come spazio alchemico, luogo privilegiato dell’incontro.
Dentro Carmen si continua questa ricerca attraverso il recupero di tradizioni musicali popolari che dialogano con il lavoro musicale contemporaneo, che nasce anche dal nostro lavoro di attori e autori.
Dentro Carmen che non vede l’ora c’è la voce e il corpo di una donna, che usa la parola e il racconto per esprimersi e c’è la voce e il corpo di un uomo che è tanti uomini, tante storie e che risponde parlando, cantando e suonando, a quel facciamo che, quel gioco del teatro, che la donna mette in moto, per ricucire, insieme al pubblico, ciò che la violenza ha fatto a pezzi.
La voce di Carmen dialoga con quella voce maschile che, passando dalla musica al testo come in un gioco delle parti, fa lo stesso viaggio di Carmen esplorando il mondo maschile incontrato da lei, durante i suoi 60 anni.
Carmen con la sua forza e ironia attraversa la storia del nostro paese, e grazie al suo percorso di autonomia, diventa una figura mitologica, una Aracne contemporanea che tesse il racconto della violenza, dello stupro e definisce cos’è sorellanza, cos’è società, attingendo all’archetipo del teatro inteso come luogo aperto, piazza, spazio catartico dell’incontro e della trasformazione delle coscienze. Carmen diventa eroina, emblema dei conflitti, ma anche della capacità di trasformazione e lo fa a partire da un percorso di genere legato alla storia di liberazione dei corpi femminili, senza dimenticarsi di dialogare con il maschile, con quel percorso di liberazione che appartiene anche gli uomini che non vedono l’ora di inventarsi un altro mondo.
Queste due voci, dialogano con il pubblico e filano, come fossero, entrambi, Aracne. Sono Arance. Aracne che fila e srotola la storia di tutti noi per creare un canto comune – se è ancora possibile trovarne uno – tornando indietro, tornando alle origini, all’infanzia del mondo da cui tutti veniamo.
Carmen che non vede l’ora parla e canta attraverso i ricordi e le voci delle persone incontrate, restituendo, al suo corpo e alla sua personalità, la storia, le lotte, le conquiste, la forza e la sua indissolubile allegria.
“Ognuno è un cantastorie. Tante facce nella memoria. Tanto di tutto, tanto di niente…le parole di tanta gente. Tanto buio, tanto colore. Tanta noia, tanto amore. Tante sciocchezze, tante passioni. Tanto silenzio, tante canzoni…”


Teatro Argot
Via Natale del Grande, 27, 00153 Roma
06 589 8111
Orari spettacolo: tutte le sere alle 21 e domenica alle 17.30
Prezzi 12 intero,  ridotto normale 10 euro.